A proposito del Trento Film Festival n.° 73 – Di Luciana Grillo

Quest’anno mi sono dedicata ai film legati all’Argentina, un grande paese che amo

Come già da alcuni anni, questo Festival è diventato grande, offre una panoramica ad ampio raggio della cinematografia mondiale, non più e non solo di montagna, e crea incredibili sensi di colpa in chi i film vorrebbe vederli tutti, o quasi.
Seguo il Festival da molti anni, prima come appassionata di cinema, poi come giornalista. Quest’anno mi sono fiondata sui film legati all’Argentina, sia per le mie origini – per parte di madre – sudamericane, sia perché conosco abbastanza bene quel grande Paese e lo amo.
 
Non potendo soffermarmi sui tanti film visti, ne scelgo uno che mi ha colpito particolarmente, perché i temi affrontati sono di indiscutibile attualità, perché la mano della regista è stata ferma, professionale, efficace, perché il mondo argentino ha una sua identità precisa, perché dopo tanto male e tanti desaparecidos ha conservato (o recuperato) comunque la sua essenza.
L’esperienza della regista è evidente, il suo quinto lungometraggio si snoda fra due storie “ordinarie” di amori e tradimenti, dove i rapporti fra generazioni diverse condizionano gli eventi.
 
Al centro un uomo e una donna, come nella migliore tradizione cinematografica.
La regista è Celina Murga, che ha studiato regia cinematografica all’Università del Cinema di Buenos Aires.
Ha presentato i suoi lungometraggi ai più importanti Festival internazionali, tra cui Berlino, Venezia e San Sebastian. Si occupa di regia e sceneggiatura sia in Sudamerica – dalla Colombia al Cile all’Uruguay – che in Europa, dove è stata componente di giuria in Festival importanti e ha tenuto apprezzatissime masterclas.
Il film «El aroma del pasto recièn cortado» è girato con impeccabile rigore. Intrigante la storia, bella la fotografia, convincenti gli interpreti: spero che il film ritorni nelle sale cinematografiche perché racconta una storia che può riguardare tutti, amori sbagliati, amori difficili, figli che patiscono. Storia dei nostri giorni, storia che si ripete a tutte le latitudini.
 
Dopo l’Argentina, un film che ci riporta agli anni dolorosi della Resistenza in Italia. La storia si sviluppa sulle montagne che uniscono Toscana ed Emilia nel 1944.
Un gruppo di partigiani guidati da Nello Pini uccide, senza alcun processo, dei miliziani fascisti che si erano arresi, perché creduti infiltrati.
È dunque una storia dura, un lembo della guerra civile che ha visto italiani combattere contro altri italiani, in un’aria livida, nel silenzio assordante delle vette appenniniche, a ridosso della Linea Gotica.
Sono poi gli stessi partigiani che condannano a morte Nello e i suoi uomini più fedeli: dunque un episodio lacerante, in cui alle scene ricostruite si aggiungono sequenze girate in pellicola 35 mm e 16mm, testimonianze dirette e materiali di archivio.
 
Insomma, una Resistenza per così dire minore, intima, sofferente, che noi vediamo, accompagnata dalla musica di Sara Ardizzoni e con la partecipazione di Letizia Fuochi, cantautrice toscana.
Il mediometraggio si intitola «Paura dell’alba», il regista è Enrico Masi, regista e musicista, oltre che Dottore di ricerca in Scienze Pedagogiche e autore di saggi e colonne sonore, la produzione è della Società Cooperativa Caucaso di Bologna, di cui lo stesso Masi è fondatore…
 
Questi sono i film che ho amato, tra i tanti visti al Festival.
Anche «Paura dell’alba» di Masi dovrebbe circolare a lungo, nelle sale cinematografiche e - perché no? - nelle scuole.

Luciana Grillo
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