Bilanci a scuola; dalla paura all’ansia – Di G. Maiolo, psicoanalista

Non è la paura di deludere i genitori: il più delle volte è un aspetto personale di auto-competizione che è in aumento

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E’ tempo di bilanci a scuola, di verifiche e di valutazioni dopo un anno di studio. Insieme però, c’è la paura che diventa ansia non solo per l’attesa ma anche per il confronto con se stessi. 
Per alcuni la «sentenza» viene dagli scrutini il cui esito, in gran parte già noto, si accompagna al timore di non farcela e dover studiare tutta l’estate. 
Per altri ci sono gli esami che da sempre agitano studenti e famiglie, anche se non si tratta della maturità. Perché in ogni caso, ogni esame è una prova che preoccupa.
 
Però non conta che sia facile o difficile e l’esaminatore benevolo o esigente, è fisiologica l’ansia come paura indefinita che può diventare anche panico. 
E sembra in aumento l’angoscia perché connessa all’idea del fallimento. 
Più diffusa di un tempo, infatti, non è la vergogna personale del bocciato ma il timore acuto di deludere la famiglia.
 
Non pensiamo tuttavia alla paura di non soddisfare il genitore esigente e severo interiorizzato che alimenta le preoccupazioni dell’adolescente e le possibili punizioni. 
Al contrario è un aspetto personale di auto-competizione che è in aumento. 
Negli anni ho incontrato ragazzi e ragazze molto esigenti con se stessi e da alcuni ho sentito dire: «A me non basta neanche un nove per rendermi soddisfatto!».
 
La lotta per i risultati scolatici è dunque tutta interna, lacerante e sfiancante. 
Gli adolescenti di oggi stretti tra il desiderio di vivere il proprio tempo, le legittime ambizioni e l’idea del «dover essere perfetti» come richiede loro la famiglia, vanno alla ricerca continua di apprezzamenti e accettazione.
Crescono con il timore di non piacere e di non soddisfare. 
 
Anche se non è più il tempo dello scontro generazionale con quel SuperIO paterno severo e punitivo, tuttavia rimane ancora un codice interno dominante quello del genitore esigente. 
I padri di fatto ora più affettivi, disponibili, morbidi forse anche troppo, sono decisamente distanti dal modello normativo di una volta. 
 
Le nuove generazioni attraversano il tempo dei grandi cambiamenti con la paura e la preoccupazione di far soffrire i genitori per aver fatto passare loro una vita a togliere i sassolini di inciampo da quel tappeto rosso steso davanti ai piedi degli adorati «piccoli imperatori».
È questa l’ansia che portano i ragazzi alla conclusione di un anno scolastico. 
E poi vivono la sensazione che tutte le prove da affrontare, avvengano in una condizione di isolamento e silenzio, per lo più senza il confronto con gli adulti e con i pari.
 
Erich Neumann, allievo di Jung, ricorda infatti che nella società moderna i grandi momenti di passaggio, in particolare quelli dell’adolescenza, sono senza «rituali collettivi… e la problematica di ogni cambiamento ricade esclusivamente sul singolo».
I tempi delle prove così diventano transiti difficili e faticosi, con cumuli di ansia e disorientamento che minacciano. 
 
Sovente sono vissuti di angoscia e di panico, a volte fuor di misura e di controllo, che bloccano e riducono i risultati possibili.
 
Giuseppe Maiolo - psicoanalista
Università di Trento