Cartoline di Bruno Lucchi: Il castello di Tonquédec, Bretagna
Un Cavaliere a Tonquédec. Anno Domini 1400 (più o meno, ma chi tiene il conto?)

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Dopo giorni di viaggio tra le foreste della Bretagna, dove il vento racconta ancora le gesta di Artù e dei suoi cavalieri, finalmente scorgo tra le colline il possente Castello di Tonquédec.
Le sue torri si stagliano contro il cielo, il fossato luccica sotto il sole, e il ponte levatoio si erge fiero come una sfida.
Il mio destriero, il fedele Pazienza, nitrisce stanco. Io, Sir Bruno di Nimportequoi, cavaliere errante dal destino incerto e dalla fame certa, mi raddrizzo in sella e busso con l’orgoglio di chi ha affrontato mille pericoli (tra cui un’oca particolarmente bellicosa nei pressi di una fattoria).
Dall’alto della torre, una voce grida: «Chi osa disturbare la corte di Rolando IV di Coëtmen?»
«Sir Bruno di Nimportequoi! – Esclamo con fierezza. – In cerca di ospitalità, di un pasto caldo e, se possibile, di un cuscino meno duro del mio scudo.»
Dopo qualche attimo di silenzio e un paio di risate soffocate, il ponte levatoio inizia a calarsi con un cupo cigolio. Pazienza e io attraversiamo il fossato e ci troviamo nel cuore del castello.
Il giullare di corte, un ometto dagli abiti sgargianti e dalla voce squillante, mi squadra da capo a piedi e poi, con un inchino teatrale, annuncia il mio arrivo:
«Miei nobili signori e gentili dame! Ecco a voi un errante dalle imprese leggendarie… almeno a suo dire! Accogliete Sir Bruno di Nimportequoi!»
Nella grande sala, la tavola è imbandita di arrosti, pani dorati e brocche di sidro. Dame e cavalieri mi osservano con curiosità, mentre Rolando IV, con una coscia d’anatra in mano e un sorriso divertito, mi invita ad avvicinarmi.
«Un cavaliere errante, dici? E quali storie porti con te?»
Mi schiarisco la voce, osservo la tavola con occhi sognanti e mi preparo a raccontare…
Ma se volete sapere come finisce, guardate le immagini. Forse troverete tracce del mio passaggio tra le antiche pietre del castello.
Sir Bruno di Nimportequoi