Dalle Lofoten a Rovereto lo stoccafisso patrimonio dell'Umanità - Di Giuseppe Casagrande

Il pesce-bastone iscritto nell'inventario dei prodotti agroalimentari italiani per la tradizione anche culturale che riveste. Il ruolo di Andrea Vergari e delle Confraternite

Le rastrelliere nei villaggi delle isole Lofoten sulle quali vengono essicati i merluzzi.

Ier l'altro mi ha svegliato di buon mattino l'amico Andrea Vergari per annunciarmi che il ministero dell'Agricoltura e Pesca, dopo un lungo iter, ha approvato con apposito decreto l’iscrizione dello stoccafisso nell’Inventario Nazionale del Patrimonio Agroalimentare Italiano (INPAI).
Riconoscimento assegnato per la tradizione che lo stoccafisso riveste nella cultura enogastronomica del BelPaese.
Il documento porta la firma della dirigente del Ministero delle Politiche Agricole dott. Teresa Nicolazzi.
La notizia mi ha riempito di gioia anche perché rappresenta un primo importantissimo passo per il riconoscimento ufficiale da parte dell'Unesco dello stoccafisso patrimonio immateriale dell'Umanità per l'importanza storica, culturale e per la tradizione che da secoli vede il mitico pesce-bastone protagonista sulle tavole del Vecchio Continente.

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L'accademico Otello Fabris con il presidente dell'International Stockfish Society, Andrea Vergari.

 
 Il ruolo di Andrea Vergari presidente dell'International Stockfish Society 

Conoscendo la passione con la quale Andrea Vergari ha seguito da molto tempo l'iter burocratico non posso che felicitarmi con lui e con le Confraternite che lo hanno appoggiato. Sono doppiamente felice anche per averlo stimolato e appoggiato con entusiasmo in occasione delle manifestazioni che lo hanno visto protagonista in Italia e in Europa (dalle isole Lofoten a Rovereto) nella veste di presidente della International Stockfish Society fondata a Lubecca.
 
Una comunità scientifica e tecnica transnazionale composta da italiani, norvegesi, tedeschi, islandesi, svedesi, portoghesi, nigeriani e comunità Sami.
In Italia il lavoro è stato condotto con passione da una rete coesa di Accademie, Confraternite, imprenditori, grossisti, pescherie, giornalisti e semplici appassionati che con caparbietà hanno riconosciuto l’importanza della salvaguardia della tradizione dello stoccafisso e della sua specificità culturale.

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Fra' Dolcino, Franco Senter con Luca Boscheri, patron del Ristorante Mas de la Fam.

 
 Ilcontributo culturale della Confraternita roveretana dello Stofìss dei Frati 

Parlando di Confraternite gastronomiche un ruolo importantissimo sul piano culturale va riconosciuto alla Confraternita dello Stofìss dei Frati di Rovereto fondata nel 1999 con sede nel convento di Brancolino. Gran Visir Andrea Vergari, Priore Maurizio Zanghielli, Padre rubricista Flavio Dalpiaz, Fra' Dolcino Franco Senter.
 
Gli altri confratelli: Bruno Dossi, Pino Niccolai, Silvano Colpo, Marco Divan, Alessandro Pavone, Cesare Loss, Marco Manfrini, Rossano Gios, Ivan Ianiello, Giorgio Bianchi, Luciano Minuto, Mario Moscato, Renato Manzana, Francesco Moretti, Franco Dalrì, Tiziano Biasioli, Valerio Dalprà, Otello Fabris, Ermanno Tagliapietra, Marco Guerra, Massimo Erspamer, Giorgio Tovazzi, Giorgio Galvagni.
 
In questi anni la Confraternita roveretana ha promosso diverse iniziative per far conoscere la storia di questo pesce-bastone: incontri culturali, serate gastronomiche, gemellaggi con le numerose confraternite della Penisola, nonchè trasferte alle Isole Lofoten, in Norvegia, patria dello stoccafisso.

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Gli accademici Andrea Vergari (Stofìss dei frati) e Otello Fabris (Baccalà alla vicentina).

 
 La storia dello stoccafisso e il viaggio del mercante veneziano Pietro Querini 

Per chi volesse approfondire la storia dello stoccafisso consiglio il bellissimo volume «I Misteri del Ragno», l'opera monumentale ricca di riferimenti storici e aneddoti, dell’accademico vicentino Otello Fabris, e la ristampa del volume «Itinerarium Bacalae» con il diario originale di Pietro Querini, Cristoforo Fioravante e Nicolò di Michiel che raccontano il naufragio avvenuto nel 1431 al largo delle coste della Norvegia.
Due sono gli eveni storici che hanno favorito la diffusione del baccalà nel nostro Paese: il drammatico naufragio del mercante veneziano Pietro Querini e il Concilio Tridentino della Controriforma.

Quanto mai dettagliato è il capitolo che Otello Fabris dedica al viaggio avventuroso del mercante veneziano Pietro Querini che, partito da Candia (Creta) il 25 aprile del 1431 e diretto nelle Fiandre con un carico di 800 barili di Malvasia, spezie (zafferano, zenzero, cannella, cardamomo), cotone, cera e altre mercanzie, naufragò (era il 4 gennaio del 1432) nei mari del Nord e con una scialuppa assieme ai marinai superstiti finì sugli scogli di un isolotto dell’arcipelago norvegese delle isole Lofoten. Sopravvissero in sedici su 68: molti morirono di fame e di sete dopo aver bevuto l'acqua salmastra.
 
Salvati dai pescatori di Røst i superstiti rimasero sull’isola alcuni mesi prima di ripartire alla volta della Serenissima con un regalo prezioso: 60 stoccafissi.
Fu l'inizio della diffusione dello stoccafisso o baccalà come si usa dire nelle Tre Venezie. Da allora il pesce-bastone ne ha fatta di strada al punto che, che dopo essere stato per secoli il piatto dei poveri, oggi è diventato una prelibatezza da ricchi visti i costi astronomici del mitico «Ragno», la qualità più pregiata di stoccafisso.

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L'accademico vicentino Otello Fabris con i goliardici fraticelli roveretani Franco Senter e Andrea Vergari.

 Le prescrizioni del Concilio di Trento col precetto del «mangiar di magro» 
Un'ulteriore spinta alla diffusione e al successo del baccalà venne dal Concilio di Trento (aperto da papa Paolo III nel 1545 e chiuso, dopo numerose interruzioni, nel 1563) che impose il rigoroso rispetto del digiuno durante la Quaresima e dell'astinenza il venerdì rispettando il precetto del cosiddetto «mangiar di magro».
 
La decisione dei padri conciliari fu presa dopo che Martin Lutero nel 1517, con le 95 tesi affisse alle porte del Duomo di Wittemberg, dichiarò guerra aperta alla religione cattolica. Le sue accuse smossero la Chiesa Cattolica a ricordarsi della «povertà» anche a tavola. E neanche a farlo apposta fu proprio l'arcivescovo metropolita di Upsala (Svezia) Olao Magno Manson, che da tempo viveva a Roma, ad aiutare il baccalà nella scalata verso la notorietà.
 
Molti sono i riferimenti legati al Trentino citati da Otello Fabris nella sua monumentale opera sulla storia del baccalà: oltre alle imposizioni relative ai giorni di digiuno decise dal Concilio di Trento, si parla dei porti fluviali dell'Adige dove si pagavano i dazi per il passaggio delle merci che viaggiavano su delle zattere: Egna, Trento, Rovereto-Borgo Sacco, Parona-Verona.

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I festeggiamenti per il riconoscimento dello stoccafisso da parte del Ministero dell'Agricoltura e Pesca.

 L'importanza dei porti fluviali quando il pesce-bastone viaggiava sulle zattere 
La via maestra dello stoccafisso erano i fiumi che congiungevano Amburgo a Venezia: il Reno, l'Adige, il Brenta. Un ruolo importantissimo hanno sempre avuto il porto fluviale e la dogana di Sacco dove esistevano alcune famose ditte di spedizionieri: i Fedrigotti, i Baroni, i Cont, i Pross.
Lo storico nonché geografo veneziano Marin Sanudo nel 1483 scrive che per raggiungere Verona dopo aver caricato la merce al porto fluviale di Sacco davanti alla chiesa di San Zuane, le zattere dovevano passare ben dieci posti pericolosi fino alla successiva dogana di San Giorgio a Verona gestita dai burchieri di Pescantina.
 
Le vie d'acqua hanno avuto un ruolo fondamentale nella penetrazione dello Stockfisch (Stofìss nel dialetto trentino) nelle regioni del Nordest, il che ha favorito la diffusione di questo pesce bastone (ammollato in acqua per alcuni giorni) sulle tavole delle popolazioni trivenete. Questo pesce, un tempo povero, oggi piatto d'alta cucina, è citato più volte anche nel ricettario settecentesco del prevosto trentino don Felice Libera di Avio. Ricette riprese e rivisitate oggi da molti ristoranti anche stellati.

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La goliardica Confraternita roveretana dello Stofìss dei Frati.

 
 Il viaggio in barca della Venerabile Confraternita vicentina da Venezia a Røst 

Tornando al tragico naufragio dell'imbarcazione di Pietro Querini alle Lofoten, Otello Fabris racconta che anche il viaggio di ritorno verso l'Italia del mercante veneziano fu avventuroso. Un viaggio che qualche anno fa (precisamente nel 2007) sfidando il mare, con due barche a vela, hanno voluto ripetere alcuni rappresentanti della Venerabile Confraternita Vicentina.
Tra questi temerari vi erano anche l'accademico Otello Fabris, la nobildonna trentina Lina Tomedi e il re del baccalà alla vicentina Antonio Chemello, patron del ristorante «Palmerino» di Sandrigo.
 
Partiti da Venezia, gli intrepidi velisti hanno solcato dapprima l’Adriatico, quindi il Mediterraneo e, oltrepassate le colonne d’Ercole, hanno affrontato l’Atlantico con tappe a Lisbona, La Coruña, Dublino, Bergen. Ultima tappa l'arcipelago delle Lofoten dove sono stati accolti in pompa magna. Occasione per rinnovare il gemellaggio con la città di Røst, l’isola norvegese che ogni anno invia in Italia gli stoccafissi più pregiati.

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Per maggori informazioni sull'Itinerarium Bacalae, cliccare questo link.

 
 La «Via Querinissima», un itinerario che attraversa 11 paesi europei 

L’itinerario fu ripetuto nel luglio-agosto del 2012, partendo da Sandrigo, ma questa volta a bordo di una Cinquecento gialla: 9 mila chilometri di strada percorsi da quattro membri della Confraternita vicentina: Fausto Fabris, allora presidente della Pro Loco Sandrigo, il tesoriere della Confraternita Carlo Pepe, l’enogastronomo Ennio D’Amico in rappresentanza dei Baccalà Club e Antonio Chemello, coordinatore del Gruppo Ristoratori del Baccalà alla Vicentina.
Undici i Paesi europei attraversati lungo quella che è stata ribattezzata la «Via Querinissima» per ricordare Pietro Querini e la Serenissima Repubblica di Venezia.
 
Durante ogni incontro istituzionale (la comitiva ha fatto tappa anche a Trento, a Villa Madruzzo) i rappresentanti della Confraternita vicentina hanno consegnato alle autorità locali una litografia di Galliano Rosset della Stamperia d’Arte Busato che raffigura la Basilica Palladiana di Vicenza trasformata in una nave vichinga che solca i mari del Nord e che ha come prua la Torre di Piazza dei Signori e come albero maestro uno stoccafisso.

In alto i calici. Prosit!
Giuseppe Casagrande - [email protected]

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