Festival dell'Economia 2025 – Di Daniele M. Bornancin

Considerazioni a conclusione degli incontri di un Festival sempre più importante



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Non sembra vero, ma sono passati ben vent’anni da quando gli amministratori di allora lanciarono la prima edizione. Un tentativo, a distanza di anni, che è riuscito nei propri intenti, in particolare quell’insieme d’idee tutte rivolte a far capire alla popolazione e non solo agli addetti ai lavori, quelle particolarità dell’immenso mondo dell’economia. 
Il coinvolgimento di esperti, docenti, e premi nobel ha affinato di anno in anno i programmi, reso più semplice e più interessante ogni momento di confronto con il popolo dello scoiattolo. Una ricaduta positiva per Trento e il Trentino, con l’immagine di un popolo laborioso, un territorio incantevole, amministratori capaci, di una realtà autonoma che non si lascia condizionare, ma opera con convinzione per la crescita e lo sviluppo dell’intera comunità. 
 
Se facciamo un passo indietro e andiamo a quella prima edizione «Ricchezza e Povertà», svoltasi dall’uno al quattro giugno 2006, dove erano presenti diversi relatori per un confronto su un tema che ha sviluppato il rapporto tra Sud e Nord del mondo, e che ha toccato problemi di realtà diverse, tra chi lotta per la sopravvivenza e chi vive nell’opulenza, non ci resta che dire che tale argomento è ancora oggi attuale. Un tema che aveva portato a indagare le incertezze del momento e cercato di individuare soluzioni possibili. Instabilità e difficoltà che accadono, sia pure in parte e non per tutti i settori, anche in questo periodo economico e sociale.

Anche le esperienze degli organizzatori dalla nascita del Festival, a quest’ultima edizione, sono sfociate in un lavoro di squadra sempre più puntuale e condiviso che vede, oltre alla Provincia e al Comune, l’Università Trentina, sotto l’attuale regia del Gruppo del «Sole 24 Ore».
Una grande squadra e una grande famiglia.
È stata un’edizione che ha avuto molto successo per la straordinaria partecipazione di pubblico a ognuno dei trecento incontri, con cento esperti del mondo universitario, sei premi nobel e un numero significativo di economisti, quarantaduemila visualizzazioni online a tutti gli eventi. 
 
Un insieme di stimoli e desideri di conoscere le realtà attuali, di approfondire le tematiche con confronti diretti, soprattutto provenienti dai giovani che hanno attivamente partecipato ai vari eventi, anche con spazi dedicati. 
Una ricaduta positiva anche per gli operatori del turismo. Risultati che confermano la vocazione di Trento quale città dei Festival e del Trentino quale territorio idoneo a diventare più europeo e internazionale.
Ebbene, sulla base della mia partecipazione alla quasi totalità delle edizioni del Festival, in quest’occasione, desidero, cari lettori, fare qualche considerazione, che va a toccare gli interventi di personalità di spessore, conosciute in Italia e nel mondo, su tematiche del nostro tempo, della modernizzazione, e dell’accelerazione dei cambiamenti in corso. 

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Gianfranco Ravasi.

 
«Rischi e scelte fatali, l’Europa al bivio», questo il titolo di quest’anno, che ha fatto da cornice e da contenuto nelle giornate degli incontri programmati. 
Con questa mia esposizione, sottopongo alla vostra attenzione alcuni aspetti di tre interventi che hanno destato l’interesse collettivo maggiore sin dal primo giorno.
Alla cerimonia inaugurale il Cardinale Gianfranco Ravasi, presente anche quest’anno, per fortuna, contrariamente a quanto manifestato l’anno scorso di un possibile congedo dal Festival, ha evidenziato che a Trento la particolare atmosfera generata dalle riflessioni attorno all’uomo, alla persona, è una tentazione forte anche per un teologo.
 

Da ciò la conferma alla sua partecipazione. Sollecitato dalle domande di Lina Palmerini del Sole 24 Ore, ha portato all’attenzione la situazione dell’umanità di oggi che ha ancora bisogno di simboli semplici, che però sono importanti e che portano un sé, come il comignolo del Vaticano verso il quale convergevano gli sguardi di migliaia di persone in attesa della fumata bianca, per la nomina del nuovo Papa. Esperienze queste importanti per tutti.
Simboli forti di una realtà che va oltre le decisioni quotidiane di ciascuno. Bisogna continuare a operare insieme per creare relazioni, dove non deve esserci il prevalere dell’io, sul noi.
 
Ha aggiunto poi che l’emergenza di questi tempi è «la bulimia informativa e tecnologica» dove, quella mano che regge sempre il cellulare contiene un mondo che si muove, che corre, una miriade di strumenti per conoscere, spesso non controllati e che mettono in difficoltà il dialogo umano. Ma la vera emergenza è «l’anoressia dei nostri tempi è quella sul senso della vita».
Un ragionamento questo che deve farci riflettere tutti, su quella contraddizione tra l’accesso illimitato alle informazioni e la superficiale povertà di significato.
 
Ravasi ha poi ragionato e riportato i propri pensieri, sullo spirito del nostro tempo, sulle difficoltà di decidere e di agire, sulla necessità di intraprendere la via delle tre I: interrogare, intelligere, interpretare, che sono le chiavi per superare la semplificazione, le cose scontate che affliggono la politica e le gerarchie ecclesiastiche.
In un mondo, dove l’intelligenza artificiale e le nuove tecnologie sembrano prendere il sopravvento, non devono essere demonizzate, ma governate e gestite, e soprattutto condivise e non separate dall’umanesimo, dalla creatività, dall’arte. Vi deve essere un connubio tra arte e creatività.

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Matteo Zuppi.

 
Il Cardinale Matteo Zuppi, Vescovo di Bologna, nominato Presidente della CEI nel 2022 e Cardinale nel 2019, è ritornato a Trento per la seconda volta (dopo lo scorso 2024), per parlare della pace come valore universale e intervistato da Marco Magnani Docente dell’Università Cattolica. 
Ha raccontato del suo vissuto al conclave per l’elezione del nuovo Papa, ultimo in ordine alfabetico dei 133 Cardinali elettori, indicato inoltre tra i papabili dai vaticanisti.
Questa esperienza, ha esposto Zuppi, è stata una grande emozione con quell’immensa folla nella piazza ad attendere la risposta della fumata bianca, rappresentando così una partecipazione sincera e importante, commovente, nella città della chiesa. Si è vista l’unità nella comunità dei credenti anche per la brevità dell’elezione. Sul tema della pace ha ricordato il pensiero di don Mazzolari, il quale sosteneva che la guerra è una sconfitta, anche per chi la vince.
 
La pace non è il benessere economico che tutti cercano, ma si deve difendere una volta conquistata. È importante il dialogo, il parlare con la gente. Scegliendo il confronto si garantiscono gli strumenti per superare le guerre. L’art 11 della Costituzione ripudia la guerra, è alla base dell’Europa assicurando la pace. La via per risolvere i conflitti deve essere sempre il dialogo e la costruzione di un’architettura di convivenza e di giustizia.
Il Vaticano si è reso disponibile ad ospitare il confronto tra i rappresentanti dei conflitti ora in corso. Una disponibilità che riconferma l’impegno della chiesa per la pace, che vuole anche fare ogni sforzo per rimuovere le cause che generano i conflitti, per costruire nuovi patti e superare le divisioni. Ha poi incentrato l’argomentazione conclusiva sull’importanza di aprirci agli altri, necessità per non isolarci, questa l’essenza del suo messaggio.
  
Un evento che ha destato interesse e dove erano presenti molti giovani è stato quello sull’intelligenza artificiale e l’uomo, o meglio sugli equilibri digitali: umanità e macchina nel mondo che cambia. Tema di grande attualità, che ha visto come protagonisti, padre Paolo Benanti, presidente della Commissione sull’IA, Giuliano Noci e Massimo Lapucci, e come moderatrice la giornalista RAI, Barbara Carfagna. 
Un confronto tra i relatori nel quale è emersa l’importanza di orientare l’innovazione al bene comune e alla necessità di una gestione trasparente in tutti i settori specialmente nella finanza. Un’apertura anche sulle differenze tra i modelli occidentali e asiatici, che possono portare a rischi di analfabetismo digitale e nuove forme di potere algoritmico. Ecco perché la formazione, la progettazione e la regolamentazione dell’intelligenza artificiale che deve mettere al centro la persona, sono una garanzia che non può più aspettare.
Di seguito l’intervento di Paolo Benanti, teologo e docente alla Pontificia Università Gregoriana, che ha aperto il confronto.
 
La chiesa cattolica ha assunto un ruolo attivo nel dibattito sull’IA. Questo, non vuol dire opporsi all’innovazione, ma cercare di accompagnarla con responsabilità, orientandola verso un progresso che metta al centro la persona e la giustizia sociale. Una sorta di luogo aperto per un confronto tra idee diverse, dove ci si possa interrogare insieme sul senso dell’innovazione e cercare il modo di addomesticare la tecnologia. L’IA agisce come vero e proprio dispositivo di potere, capace di orientare i consumi, le relazioni e le scelte quotidiane. 
 
La questione più importane è ora la formazione delle coscienze. Se la persona non è educata a capire il flusso di contenuti generati dalle tecnologie, rischia di perdere la capacità stessa di discernere ciò che è vero, utile e umano. L’unica vera piattaforma abilitante, per l’innovazione tecnologica nell’IA è l’essere umano. Se l’uomo non è formato, la produttività non aumenta e si generano tensioni sociali. Ci troviamo ora in un tempo fantastico, possiamo interrogarci tra noi, anche su domande lasciate a una stagione precedente.

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Padre Paolo Benanti.

 
La sfida oggi è educativa, ossia la costruzione di percorsi e strumenti che permettano alle nuove generazioni di abitare con consapevolezza il futuro. Anche per questo nasce la proposta nel percorso, di affiancare ai valutatori dell’IA, delle figure capaci per garantire che le nuove tecnologie e le macchine siano concretamente al servizio della persona.
Fondamentale è anche una regolamentazione che possa agire con trasparenza e con un 
 
In conclusione un’edizione che ha avuto un grande successo, che ha messo al centro i giovani e il futuro dell’Europa, con contributi di alto livello, che ha dato l’opportunità alle persone, ai visitatori, alle comunità locali e a tutti i partecipanti di capire, conoscere e condividere idee nuove, visioni diverse, approfondimenti che hanno caratterizzato il cammino delle quattro giornate del Festival.
Anche la stampa, sia locale che nazionale ed anche quella europea ha dato ampio spazio a questa edizione, un lavoro di qualità che ha fatto conoscere Trento e il Trentino nel mondo.
L’aspetto, che forse ha in parte distolto l’interesse sui temi trattati nei vari incontri proposti, è stato quello di mostrare per tutte le giornate del programma, la notizia del rimpasto, con il riposizionamento sulle deleghe assessorili e della vice presidenza della giunta provinciale.
 

Certo, una notizia che non poteva essere sottaciuta, ma che diffusa in maniera esponenziale con un riflesso nazionale ha in parte appannato l’immagine di buona qualità del Festival. 
Se andiamo a verificare le varie opinioni di persone sia locali sia di qualche visitatore, su questa questione, emerge un quadro di una politica deludente e poco edificante.
Una situazione non politica ma esclusivamente partitica, che serpeggia nei rapporti di forza tra due partiti che governano il Trentino. Oggi è ben visibile questa gara a due che, se continua, può immancabilmente portare a elezioni anticipate, e comunque a un disinteresse, a una poca partecipazione alle scadenze elettorali.

Una raffigurazione che si è incentrata solo sui consensi ottenuti per la nomina della giunta provinciale, sfociati poi in un difficile accordo nazionale all’inizio della legislatura.(Autonomia Trentina sbiadita?) Come se i numeri e le percentuali, il consenso fossero una legge fondamentale per la vita amministrativa dell’Autonomia Trentina, al pari della Costituzione.
La preparazione, la capacità, l’esperienza, la conoscenza, il modo di essere persona al servizio della comunità resta al secondo piano di ogni valutazione. Quindi il modo di operare nel sistema trentino è solo e soltanto quello dei numeri o meglio chi vince gestisce ad ogni costo, nell’interesse di chi? E di che cosa? Basta arrivare al potere. Oppure è attuata la frase storica del politico italiano Giulio Andreotti: «Il potere logora chi non ce l’ha?»
 
Quello che ha fatto più scalpore, in questa vicenda, sono state le frasi pronunciate dai vari ministri venuti a Trento per partecipare agli eventi nella specificità delle loro competenze nel governo attuale, a difesa della vice presidente, con promesse di conseguenze, ritorsioni, distinguo, per l’amministrazione provinciale. Mi domando se questi ministri che dovrebbero rappresentare le intere istituzioni, o viceversa sono solo rappresentanti del proprio partito di appartenenza? La domanda che viene spontanea è: ma siamo davanti ad un sistema politico o solo partitico? Ma perché le limitazioni non valgono per i deputati del Senato e della Camera? 

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È pur vero che tutto è partito dall’impugnazione della legge provinciale sul terzo mandato, ma ritengo non fosse né il luogo né l’occasione per polemizzare. Oltretutto due Regioni autonome hanno da qualche tempo approvato e utilizzato singole leggi in materia.
La Sardegna, ha un sistema senza limiti di mandato con elezione diretta del Presidente e con il sistema proporzionale; La Val d’Aosta ha tre mandati pure con il sistema proporzionale.
 
Certamente le leggi regionali devono comunque rispettare i principi della Costituzione. 
Questo episodio dovrebbe invece sollecitare la nascita in tempi brevi, possibilmente prima della scadenza del 2028, di una nuova legge nazionale in materia elettorale per le Regioni a Statuto Speciale e per le Ordinarie. 
Prendiamo in considerazione in questo prossimo percorso, la Cooperazione Trentina, che nella modifica dello statuto ha previsto che solo i presidenti possono rimanere in carica per tre mandati, mentre per gli amministratori non ci sono limiti di mandato. Anche questa è una parte importante della storia del Trentino, della sua capacità di saper amministrare settori vitali per lo sviluppo della comunità.
 
Tutto questo ci deve portare ad ascoltare le proposte di alcuni relatori del Festival, che hanno sollecitato di guardare al Noi e non all’Io. Per raggiungere questo obiettivo, come cittadini dobbiamo cercare insieme: agli amministratori, imprenditori, cooperazione, di pensare alle sessantamila persone a rischio povertà in Trentino, di queste il 33% non riescono a coprire le spese impreviste (aumenti acqua e gas) il 24% a pagare gli affitti, il 19% i costi dei farmaci e le spese mediche, nonostante l’Assegno Unico provinciale. 
 
Non possiamo nemmeno mettere in secondo ordine le proteste avanzate dal personale della scuola per le riforme in atto che, sembra, non siano sufficientemente approfondite in un’amministrazione, non sempre dialogante. I personalismi, le invidie, le prove di forza sono sempre state cattive consigliere. Ora è giunto il tempo di voltare pagina sia nel metodo che nella sostanza. 
 
Cari lettori, a voi ogni singola valutazione ed eventuale condivisione di questa mia interpretazione, rimanendo sempre fiduciosi sull’importanza di continuare la realizzazione del Festival per le nostre comunità e per il Trentino tutto.

A cura di Maurizio Bornancin