Frutteti: un patrimonio di cultura, agro e biodiversità
I frutteti e le vecchie varietà di frutta saranno oggetto di una conferenza al Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige il 15 maggio
Una volta esistevano diverse migliaia di varietà di mele e pere; a seconda del luogo, del clima, del terreno e delle esigenze idriche, si piantavano determinate varietà e si selezionavano per il sapore, il tempo di maturazione, l'idoneità all'uso e la conservabilità. Per mantenere gli alberi in salute, fino agli anni Settanta del XIX secolo si prestava attenzione alla resistenza alle malattie, alla diversità delle varietà all'interno della piantagione e alla potatura.
A partire dagli anni Venti e Trenta del Novecento, in Europa invece è iniziata l'industrializzazione della frutticoltura sul modello americano: si è sviluppata la coltivazione a piantagione con alberi a bassa crescita; senza agenti inorganici o chimico-sintetici, questa coltivazione, ridotta a poche varietà, non produce alcun bene commerciabile standardizzato. Le esigenze come il cambiamento climatico richiedono adattamenti; la frutta antica riserva un ampio patrimonio genetico e già per questo è necessario tenere gli alberi fruttiferi delle specie antiche in coltura.
Questo tema e i vecchi frutteti, che grazie ai loro alberi secolari presentano un livello di biodiversità molto elevato come pochi altri habitat in Europa, saranno oggetto della conferenza «Frutteti: un patrimonio di cultura, agrobiodiversità e biodiversità» con Mattia Omezzolli, giovedì 15 maggio alle ore 18 al Museo di Scienze Naturali.
Il biologo e titolare di un vivaio e di un'arboricoltura di Riva del Garda conserva vecchie varietà di mele, pere, mele cotogne, prugne, ciliegie e frutti di bosco spiegherà perché lo fa, com’è possibile ottenere una maggiore biodiversità e mantenere l'agrobiodiversità.
La conferenza si terrà nell’ambito della rassegna «Stare a galla. Agricoltura e società» sulla situazione dell'agricoltura da una prospettiva storica ed etnologica, organizzata dal Centro di storia regionale, dal Museo di Scienze Naturali dell'Alto Adige, dalla Libera Università di Bolzano, da Storia e Regione e dall’Associazione degli Etnologi dell'Alto Adige. L’ingresso è gratuito.