Il sexting – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista

Parola diffusa ma azione sconosciuta. E conseguenze sempre imprevedibili

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La parola sexting circola da tempo ma gli adulti non la conoscono, mentre bambini e giovani la usano anche se pensano sia un gioco quando è una pratica violenta del bullismo online, il cyberbulling.  
L’etimo del vocabolo ha due anime «sexual» e «testing» che indicano sesso e testo, ovvero foto e storie, video e narrazioni intime che da private diventano facilmente di dominio pubblico.
I minori però non lo sanno, perché gli adulti non ne parlano e non sanno i danni che produce.
 
I bambini e gli adolescenti credono che online tutto sia possibile in quanto si fa tutto in totale anonimato e non sanno che le foto una volta postate sono di tutti.
Non glielo dice nessuno e invece a fatti, i selfie familiari praticati abitualmente dai genitori coi figli, danno l’idea che sia divertente mostrarsi e il gioco, apparentemente innocuo, sia senza conseguenze.
 
Per i piccoli, abituati precocemente a passare il tempo con il cellulare dei genitori in mano, il sexting inizia presto, spesso già a 7-8 anni quando con whatsapp si cominciano a scambiare foto in abbigliamento intimo.
Secondo una ricerca della Federazione italiana di sessuologia scientifica, in adolescenza 2 ragazzi su 3 dichiarano di aver ricevuto messaggi sessualmente espliciti.
 
Di quelli che ricevono, molti si turbano e non ne parlano con nessuno, altri si arrabbiano e tengono dentro questa emozione, le femmine si imbarazzano mentre i maschi si eccitano e si incuriosiscono, non di rado stanno al «gioco» e incrementano la pratica della diffusione.
Durante l’adolescenza il sexting può essere un modo per rompere il ghiaccio sulla sessualità, argomento poco trattato a casa, ma se non c’è nessuno in famiglia e neppure a scuola che affronta l’argomento sesso e le relazioni connesse, le foto intime fatte circolare diventano pericolose o devastanti, quando più avanti negli anni la pratica si fa perversa e si trasforma in diffamazione e vendetta, che è reato e si chiama Reveng porn.
 
Di smartphone in smartphone il sexting danneggia se stessi e gli altri sul piano della reputazione.
E poi, va detto, che quel materiale interessa molto i pedofili e quei siti pedopornografici che aumentano sempre di più, come dice don Fortunato di Noto dell’Associazione Meter che segnala nell’ultimo anno, una crescita del 220%.
È di vitale importanza allora educare fin da piccoli bambini e ragazzi all’uso corretto delle proprie foto. informarli con le parole adatte dei pericoli e in quanto genitori, prima di tutto conoscere bene il fenomeno per saperne parlare ai figli.
 
Nel caso si scopra che uno abbia inviato proprie foto provocanti, credo sia necessario assicurarsi che la cosa non si ripeta.
Ma servirà spiegare cosa possono produrre quelle foto provocanti ricevute dai pari o anche dai più piccoli mentre sarà importante far sapere del rischio di essere accusati di produzione e diffusione di materiale pedopornografico, che è reato.
Di certo per interrompere la catena, è necessario anche conoscere i nomi dei compagni a cui è stato inviato quel materiale e prendere contatto con i loro genitori.
Ma a quel punto potrebbe pure servire la consulenza di uno specialista dell’età evolutiva.
 
Giuseppe Maiolo - psicoanalista
Università di Trento