La Provincia chiede a Itea 14 alloggi per i rifugiati

Il Comune di Trento: «Così si alimenta la guerra tra poveri»

Il sindaco e l’assessora Casonato scrivono al presidente Fugatti: «Noi informati solo a cose fatte. La decisione presenta vizi di merito e di metodo e comporta ricadute negative sulla città. Vengono infatti disattese le aspettative delle famiglie in graduatoria e si esaspera l’ostilità nei confronti dei migranti. È incomprensibile che non siano stati presi in considerazione gli alloggi disponibili in altri comuni trentini».
Contestato anche l’ormai certo trasferimento degli ospiti rimanenti della residenza Adige al residence Capitol: «La struttura è inadeguata a nuclei con minori, che dovrebbero essere accompagnati con percorsi individualizzati. Senza attenzione all’impatto sociale si destabilizza il quartiere.»
 
Con una scarna nota, nei giorni scorsi il direttore generale di Itea Roberto Ceccato ha informato il Comune di Trento che «il dipartimento Salute e Politiche sociali della Provincia, in esito a specifici accordi con il presidente della Provincia», ha chiesto alla società 14 alloggi pubblici cittadini che saranno messi «a disposizione nell’ambito dei progetti di accoglienza di migranti forzati», ovvero delle famiglie di richiedenti asilo ospitate attualmente alla residenza Adige.
Informati dell’operazione solo a cose fatte, ieri il sindaco Franco Ianeselli e l’assessora alle Politiche sociali Giulia Casonato hanno contestato la decisione in una lettera indirizzata al presidente della Provincia Maurizio Fugatti, a quello di Itea Sergio Anzelini, al direttore Ceccato e, per conoscenza, all’assessore provinciale alla Casa Simone Marchiori.
 
Per Ianeselli e Casonato la soluzione proposta dalla Provincia presenta «evidenti vizi di merito e di metodo e pesanti ricadute negative sulla città». Perché se è vero che «il Comune riconosce la necessità di dare un alloggio adeguato alle famiglie attualmente ospitate presso la Residenza Adige», è altrettanto incontestabile il fatto «che l’accoglienza e l’integrazione di richiedenti asilo e rifugiati richiederebbero maggiore programmazione e visione per non dover ricorrere, poi, a soluzioni emergenziali come quella proposta, che non garantiscono una dignitosa sistemazione dei migranti e rischiano di compromettere la vivibilità della città».
 
Infatti, argomentano Ianeselli e Casonato, «la scelta di sottrarre gli alloggi ai molti nuclei familiari in graduatoria (che attendono, magari da anni, l’assegnazione) non appare pienamente coerente, non rinvenendo, nella norma provinciale, alcun appiglio che possa far venir meno la destinazione prevista dalla norma stessa; inoltre, tale scelta avrà come ovvia conseguenza non solo la frustrazione delle legittime aspettative di molte famiglie, ma l'esacerbazione dei sentimenti di ostilità nei confronti dei migranti, in una triste guerra tra poveri che mette gli ultimi contro i penultimi. La città di Trento, che vanta una lunga tradizione di accoglienza ed inclusività, non sente affatto il bisogno di alimentare questa sterile e pericolosa conflittualità».
 
Il sindaco e l’assessora alle Politiche sociali considerano inoltre inspiegabile «la scelta di concentrare tutte le famiglie di migranti sul territorio del Comune capoluogo, già alle prese con una pressione abitativa certo non riscontrabile nel resto della provincia». La decisione appare ancor più ingiustificata «se consideriamo che Itea ha alloggi disponibili, per i quali non vi è richiesta, in molti altri comuni della provincia».
Visto poi che uno degli alloggi da destinare ai rifugiati è di proprietà comunale, Ianeselli e Casonato sottolineano come venga in questo caso disattesa «la convenzione sulla scorta della quale Itea gestisce gli alloggi comunali, destinati a fini di edilizia pubblica».
 
Il sindaco e l’assessora Casonato disapprovano pure la scelta, «abbastanza certa», della Provincia di trasferire i nuclei familiari rimanenti della residenza Adige al residence Capitol a Gardolo, non solo perché la struttura è inadeguata «a ospitare dei nuclei con minori», ma anche per le potenziali «ripercussioni negative sul delicato equilibrio del territorio interessato». Infatti, scrivono Ianeselli e Casonato, «lo spostamento di nuclei familiari è una scelta che impatta, oltreché sui percorsi di inclusione sociale (i legami creati, le routine consolidate e i primi passi verso l'autonomia verranno bruscamente interrotti, rendendo più difficile per queste persone ricostruire un senso di appartenenza), anche sul tessuto sociale di quel quartiere della città e sulla sua coesione. L’arrivo nello stesso momento di un numero elevato di persone in un’unica struttura può essere infatti percepito dalla comunità ospitante come un fattore di destabilizzazione, alimentando potenziali incomprensioni o resistenze. Il quartiere di destinazione dovrà affrontare un aumento improvviso di richieste di supporto, con il rischio di sovraccarico dei servizi già esistenti e di difficoltà nel fornire un’assistenza personalizzata ed efficace».
 
Concludono Ianeselli e Casonato: «Abbiamo sperimentato che la coesione sociale si costruisce attraverso la relazione, la conoscenza reciproca e la distribuzione equa delle risorse e delle responsabilità, tutti elementi che la decisione provinciale non considera affatto (...) Stiamo parlando infatti di un cambiamento che dovrebbe essere accompagnato da un percorso individualizzato per ciascun nucleo familiare, in modo da poter assicurare l’inserimento ottimale dei minori nelle scuole del  territorio, degli adulti nella comunità del quartiere. L’attenzione all’impatto umano e sociale e l’inclusione sociale delle famiglie nella comunità ospitante sono secondo noi di primaria importanza».