Le frasi pronunciate a sproposito dai leader di questro mondo
Khamenei, Putin, Trump: esempi di coerenza e singolare educazione personale
Che dopo le elezioni tutti i partiti dichiarino di aver vinto, lo sapevamo. Ma che lo facessero anche le parti in causa di una guerra finita, è la prima volta che lo vediamo.
Sia Khamenei che Trump hanno dichiarato di aver vinto la guerra alla grande.
Beh, li abbiamo visti, no? Stavolta hanno fatto i salti dalla gioia sia Trump che Khamenei alla fine della «Guerra dei 12 giorni».
Il primo ha pronunciato frasi roboanti da affidare alla storia («Abbiamo fatto danni monumentali»), il secondo ha dichiarato al mondo di aver «impartito una dura lezione agli USA».
Il maresciallo Montgomery, peraltro, ci era andato a vicino quando commentò il risultato della battaglia di Arnhem (17 settembre 1944): «È stata una vittoria al 90%!». Bel modo per indorare una sconfitta. Un ossimoro passato alla storia.
Poi Trump ha avuto occasione di usare la sua parlata libera, familiare, spontanea, quella che il presidente di uno Stato non dovrebbe pronunciare mai, né tanto meno un giocatore di golf.
Quando Israele e Iran si scambiarono qualche attacco durante tregua di 12 ore, Trump disse: «Ma che cazzo fanno quei due?». La parola usata da Trump è «fuck» che in inglese significa «fottuto» e che in italiano si dice come abbiamo scritto.
I giornali lo hanno riportato sostituendo la parola italiana con i puntiti. Noi abbiamo voluto metterlo agli atti.
Anche qui c’è un precedente illustre, peraltro pronunciato in condizioni molto più critiche.
Il generale Patton, al comando della Terza Armata, stava avanzando in Francia verso il fronte tedesco, quando l’artiglieria di un’altra armata alleata iniziò a bombardare le sue truppe… per sbaglio.
Patton prese il telefono e chiamò il collega comandante dell’altra armata e gli disse: «Che cazzo fanno quelli della 218esima?»
Gli storici gli attribuirono una frase più edulcorata: «Perbacco, ma che cosa fanno quelli della 218esima?». Ma oggettivamente è poco credibile.
Per concludere le banalità di questo periodo di rapporti internazionali davvero singolari, segnaliamo due leader.
Putin ha accusato Israele di aver violato il diritto internazionale attaccando l’Iran. Insomma, il classico esempio del bue che dà del cornuto all’asino…
E torniamo all’ineffabile Trump. Quando ha sentito che la Spagna non vuole aderire all’aumento delle spese militari, il presidente americano ha minacciato di raddoppiare i dazi alla Spagna.
Si tratta di un’incredibile tentata estorsione di un capo di stato, che fra l'altro ha mescolato più argomenti in una medesima presa di posizione. Si parlava di armamenti, cosa c’entravano i dazi?
L’arroganza non conosce limiti culturali, perché Trump non può diversificare i dazi agli stati europei.
Già che ci siamo, concludiamo con l’invito di Trump a licenziare i giornalisti che pubblicano fake news.
Che le fake news siano diventate una piaga, siamo d’accordo. Ma che sia un presidente a ordinare il licenziamento di un giornalista è fuori di testa.
In questo caso, poi, si parla di verità paragonabili al sesso degli angeli. Nessuno è in grado di dire cosa sia vero e cosa falso.
Ci pare tuttavia che l'autorevolezza che offrono i grandi giornali degli Stati Uniti meriti un briciolo di credibilità in più.
GdM