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Storie di donne, letteratura di genere/ 274 – Di Luciana Grillo

Erica Arosio e Giorgio Maimone: «A rincorrere il vento (’68: il B-Side)» – Un tuffo nel passato, con un po’ di nostalgia e tanti ricordi

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Titolo: A rincorrere il vento ('68: il B-Side)
Autori: Erica Arosio, Giorgio Maimone
 
Editore: Morellini 2018
Genere: Narrativa italiana contemporanea
 
Pagine: 245, Brossura
Prezzo di copertina: € 14,90
 
È vero che questa rubrica è dedicata alla scrittura di genere, ma un argomento come il ’68 scritto a quattro mani da una donna e da un uomo mi è sembrata una ghiotta occasione, anche per capire meglio il punto di vista di due adolescenti che nel ’68 erano compagni di scuola, cantavano Balla Linda e occupavano la scuola, sognando la rivoluzione e Cuba.
 
Dunque, due ragazzi del ’68 si ritrovano adulti in un supermarket, si riconoscono e cominciano a ricordare i loro anni «rivoluzionari».
Entrambi studenti del liceo Parini di Milano, «nel Sessantotto e dintorni cosa si respirava? Di cosa ci nutrivamo? Pane e ideologia», ripercorrono quei giorni con il piacere di essersi ritrovati e con la consapevolezza di essere adulti, con alle spalle esperienze anche dolorose e tante responsabilità.
 
Il racconto si sviluppa a due voci, ora è Anna a parlare («Se mi chiedi adesso cosa è stato il Sessantotto, ti rispondo con una parola sola: libertà… Che cosa sarebbe successo dopo non me lo chiedevo, quello che contava era il sogno di un futuro di libertà»), ora Marco («All’improvviso furono i padri, anzi, la famiglia nel suo complesso. Erano i nemici, l’obiettivo da abbattere»).
Anna confessa di aver sognato di essere orfana, Marco ricorda la sua passione per la fotografia mentre il ’68 con i suoi film e la sua musica, con le parole che diventano un codice e i fumetti che vanno a ruba, scorre sotto i nostri occhi di lettrici e lettori.
 
Arosio e Maimone rivivono quegli anni citando i cantanti più amati, da Guccini a Gaber, da De André a Vecchioni, da Ricky Gianco a Caterina Caselli, ricordando titoli di film da usare come una specie di codice: «Tenevo i pugni in tasca…urlando che la Cina era vicina. Sui titoli dei film inventavo la mia vita… aspettavo la caduta degli dei… ero bella di giorno e bella di notte… passeggiavo a piedi nudi nel parco… eravamo tutti ragazzi, uno strano miscuglio di onnipotenza adulta e fiaba bambina».
 
Anno e Marco parlano ridono ricordano mangiano e bevono, si chiedono quando sia finito il ’68. Per Marco, con gli omicidi di Martin Luther King e di Robert Kennedy «se n’è andata buona parte dell’innocenza, la speranza che potesse esserci una rivoluzione pacifica. Il secondo colpo fu la strage di piazza Fontana… il terzo il colpo di stato in Cile», mentre Anna si chiede e gli chiede: «E se invece il Sessantotto non fosse mai finito e noi ne fossimo l’esempio lampante?»
 
Quelli furono anche gli anni delle radio libere, che significavano «il senso di libertà, la vertigine di onnipotenza di poter gestire l’informazione dal basso… La struttura eravamo noi…eravamo delle voci, che tenevano compagnia, che informavano, che segnalavano notizie utili».
E «se adesso mi chiedi cosa abbia segnato il mio Sessantotto, io ti rispondo il biliardo, la cultura del bar, le carte da gioco…»
In chiusura, gli autori ci regalano anche l’alfabeto del Sessantotto, da A come Assemblea a Z come Zorro, passando per B come lato B e dunque «fortuna», ma anche come la facciata B dei vecchi e cari 45 giri (e di nuovo Morandi, Battisti…), per F come Francia («Ce n’est qu’un début continuons le combat»), per N come Nazionali senza filtro, per S come Sampietrini o Sanbabilini, fino a quella Z che ricorda «il protettore degli oppressi, quello che combatte contro le ingiustizie».
 
Un tuffo nel passato grazie a questo «A rincorrere il vento», un po’ di nostalgia e tanti ricordi.
 
Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)

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