Ragioneria: quando alla maturità ti trovavi 17 esami da fare
Abbiamo intervistato sei «ragazzi» che i sono diplomati al Tambosi nel 1968, ultimo anno del vecchio sistema

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Quando siamo stati alla festa per i 150 anni del «Tambosi», abbiamo scoperto che quasi nessuno sapeva che un tempo per ottenere il diploma da ragioniere si dovevamo superare i 17 esami della maturità.
Quindi abbiamo cercato dei «ragazzi» di allora per fargli qualche domanda, in modo che i giovani di oggi si rendano conto di quanto siano cambiate le cose.
Va precisato che allora l’università di Trento aveva appena introdotto Sociologia e che i ragionieri potevano accedere solo a pochissime facoltà.
Non solo: allora la scuola era estremamente elitaria e non tutti potevano accedere alle scuole medie, senza le quali non avrebbero potuto iscriversi neanche a Ragioneria. Alla fine delle elementari, oltre all’esame di quinta si doveva fare un esame di ammissione alle medie. Per fare l’esame si doveva frequentare un corso preparatorio, al quale però si poteva accedere solo «a chiamata».
Le cose fortunatamente sono cambiate, ma senza necessariamente dare la stessa cultura di prima.
Sono con noi Paolo, Raffaella, Mauro, Cristina, Guido e Gabriella
Ragazzi, vi siete diplomati nel 1968, l’ultimo anno in cui c’erano 17 esami. Rimpianti per non aver fatto anche voi i soli 4 esami da quell’anno in poi?
Paolo: «Nessun rimpianto. È stata una faticaccia (anche per il caldo boia di quell'anno) ma per me quel percorso era necessario.»
Raffaella: «Forse sì, anche se siamo passati dal troppo al niente senza vie di mezzo.»
Mauro: Forse in quel momento lo avremmo preferito tutti, ma ci ha fornito una preparazione superiore a quella dei diplomati degli anni successivi. Nei primi anni settanta non era raro trovare degli annunci ricerca personale con specificato “richiedesi diploma anno 1968 e precedenti”.»
Cristina: «Nessun rimpianto anzi sono orgogliosa per aver superato una prova così impegnativa.»
Guido: «Nessun rimpianto. Fino ad allora essere ragioniere era un titolo importante. Ti chiamavano con rispetto Ragionier…»
Gabriella: «No!»
Credete di essere più preparati dei ragionieri di oggi?
Paolo: «Difficile dare una risposta, ma da quello che sento sul livello della classe docente di oggi, propenderei per il sì.»
Raffaella: «Sì.»
Mauro: «Assolutamente sì.»
Cristina: «Non ho possibilità di confronto, comunque penso che la nostra fosse una preparazione completa.»
Guido: «Beh, con 17 esami da superare… non ci sono paragoni.»
Gabriella: «No.»
Avete trovato facilmente lavoro?
Paolo: «Sì.»
Raffaella: «Sì.»
Mauro: «Immediatamente.»
Cristina: «Purtroppo sì. A dicembre lavoravo già e questo mi ha impedito di continuare con l'università. Ho solo pagato le tasse…»
Guido: «Subito, ma poco dopo sono diventato imprenditore.»
Gabriella: «Sì!»
Vi è servito quello che avete studiato?
Paolo: «In parte sì.»
Raffaella: «A distanza di tempo direi quasi tutto.»
Mauro: «In gran parte.»
Cristina: «In principio ho fatto molta fatica perché mi mancava la pratica. Ho combinato anche qualche cavolata. Poi ho imparato.»
Guido: «Sì, l’istruzione è fondamentale prima della pratica.»
Gabriella: «Sì.»
Avete imparato a… scrivere bene in italiano?
Paolo: «Non più di tanto. Quello è arrivato dopo.»
Raffaella: «Sì. A scuola mi sembrava tempo perso, ma poi mi è servito, eccome!»
Mauro: «Sì, e anche abbastanza bene. Lo dico anche se ho odiato il prof Borga di lettere per avermi bocciato in quarta ragioneria con il solo esame di italiano e la media del 7.»
Cristina: «Certamente sì. Il caro Borga ci ha istruito a dovere.»
Guido: «Nessuno ti insegna a scrivere: i professori sanno solo dirti se scrivi bene o male. Devi impararlo da te.»
Gabriella: «No.»
Avete imparato a tenere la contabilità?
Paolo: «Io no. Sono entrato nella pubblica amministrazione, per la quale non ci avevano insegnato niente.»
Raffaella: «Purtroppo no.»
Mauro: «Sì, era una materia che mi piaceva. Nelle mie attività lavorative ho realizzato più procedure di contabilità per computer: nei primi anni ‘90 circa 8.000 aziende avevano la propria contabilità tenuta con mie procedure.»
Cristina: «Sì, autonoma fino alla compilazione dei bilanci e alla gestione di tutte le pratiche burocratiche connesse.»
Guido. «Beh, saper leggere un bilancio è un grande vantaggio.»
Gabriella: «No.»
Qual è la materia che vi è stata più utile nella vita lavorativa?
Paolo: «La materia giuridica.»
Raffaella: «Le lingue.»
Mauro: «Ragioneria.»
Cristina: «Sicuramente ragioneria e italiano.»
Guido: «Diritto ed economia. L'avesse studiata anche Trump...»
Gabriella: «Le lingue straniere.»
Qual è la materia che vi è stata meno utile?
Paolo: «Potrei dire la lingua francese, anche se mi è piaciuta molto.»
Raffaella: «Ragioneria, dato che non l’ho mai imparata…»
Mauro: «La lingua francese: mi è servita solo al Club Mediterranée…»
Cristina: «Molte: geografia, chimica e prima stenografia che ho sinceramente odiato.»
Guido: «Stenografia.»
Gabriella: «Economia.»
Vi è servita la stenografia?
Paolo: «Assolutamente no.»
Raffaella: «No, solo per cose personali.»
Mauro: «Quasi per nulla se non per prendere qualche appunto subito dopo il diploma.»
Cristina: «Mai!»
Guido: «Sì, per scrivere messaggini alle compagna di classe.»
Gabriella: «Neanche un po'…!»
I professori insegnavano bene?
Paolo: «Direi di sì. Probabilmente meglio delle capacità didattiche di oggi.»
Raffaella: «Alcuni sì, altri meno e anche molto meno.»
Mauro: «Diciamo non tutti.»
Cristina: «Non tutti. Quello che ho apprezzato soprattutto col tempo è Borga. Strano, imprevedibile però penso che mi abbia lasciato molto. Sarebbe attuale anche adesso.»
Guido: «Il professor Gerola è stato bravissimo. Ma io dicevo lo stesso che “insegnava diritto perché se stava seduto non lo vedeva nessuno”… Era basso di statura.»
Gabriella: «Sì.»
Che materie avreste voluto che fosse insegnata meglio?
Paolo: «Non so dire.»
Raffaella: «Per le materie tecniche avrei suggerito più esperienza pratica in qualche azienda o ufficio.»
Mauro: «Tecnica bancaria: quando ci siamo diplomatici e sapevamo tutto, ma solo in teoria: come farsi pagare un titolo di credito insoluto era rimasto un mistero.»
Cristina: «Un po' più chiaro l'insegnante di ragioneria. Non sempre al soggetto seguivano verbo e complemento. E poi le lingue solo e soltanto tecniche.»
Guido: «Ragioneria.»
Gabriella: «Le lingue straniere.»
Avete fatto fatica ad adattarvi all’era dei computer?
Paolo: «Una faticaccia!»
Raffaella: «Sì, eccome!»
Mauro: «La mia attività lavorativa mi ha fatto percorrere tutte le tappe evolutive dell'informatica, a partire dalle programmazioni meccanica in poi…»
Cristina: «Molta fatica e forse non ci sono neanche riuscita.»
Guido: «No, ho imparato bene a usare i computer. Ma conosco solo i programmi base.»
Gabriella: «Sì.»
Avete studiato due lingue, tedesco e francese. Vi è mancato non conoscere l’inglese?
Paolo: «Direi proprio di sì.»
Raffaella: «Io ho studiato l’inglese privatamente.»
Mauro: «Purtroppo no e ne ho sempre sofferto: basti il pensare che la maggior parte dei manuali di programmazione erano esclusivamente in lingua inglese.»
Cristina: «No purtroppo solo tedesco e francese. L'inglese mi è mancato soprattutto nei viaggi.»
Guido: «È stato il gap più grosso del Tambosi di allora.»
Gabriella: «Sì, moltissimo!»
Oggi lascereste che i ragazzi andassero a scuola col cellulare?
Paolo: «No.»
Raffaella: «No.»
Mauro: «Assolutamente contrario.»
Cristina: «Penso di sì, insegnando loro il giusto uso.»
Guido: «No: vanno seguite le lezioni.»
Gabriella: «Sì, perché no?»
Vi trovate ancora fra compagni di classe per fare chiasso come allora?
Paolo: «Sì.»
Raffaella: «Eccome! Sempre e volentieri.»
Mauro: «Come no? Ci siamo in po’ persi di vista dopo il diploma. Dal 2008 (in occasione del 40° anniversario del diploma) in poi ci si ritrova un paio di volte l'anno in buon numero. Da allora abbiamo a che un gruppo Whatsapp, direi che siamo stati fra i primi…»
Cristina: «Anche più volte all'anno e ogni volta si ritorna immediatamente a 60 anni fa. È una vera gioia.»
Guido: «Sì, più degli ex compagni di naia.»
Gabriella: «Lo credo bene!»
Avete qualche aneddoto da raccontare?
Paolo: «Inizia la terza classe. Primo tema di italiano con il nominato prof. Borga: voto 2 (due). Secondo tema: 3 (tre). Roba da analfabeti! Mi resta ancora da capire come non abbia subito uno stop nei corsi di studio precedenti. Poi fine dei voti negativi fino all'esame finale della quinta. Breve obnubilazione cerebrale mia o sua? Per me è ancora un mistero.»
Raffaella: «Oggi tutti raccontano “la notte prima degli esami”. Noi non avevamo dubbi in proposito: con 15 esami, dovevamo studiare anche la notte prima degli esami.»
Mauro: «Con il professor Marchetti ebbi una delle interrogazioni più veloci e controverse: alla domanda “parlami delle rutacee”, risposi: “devo proprio?”, con conseguente sentenza: “al posto, 4!”»
Cristina: «Vorrei aggiungere che in sei anni di Tambosi non ho mai marinato, non perché fossi particolarmente disciplinata ma perché mi divertivo troppo a scuola.»
Guido: «Il professor Marchetti non sopportava che le borse venissero tenute a terra, di fianco al banco. Un giorno entrò e solo uno di noi, di cui non faccio il nome, aveva la borsa a terra. Il professore perse l’uso della ragione, andò a prendere qualla borsa a terra, si portò alla finestra e la gettò fuori. Tutti eravamo basiti, terrorizzati. Ma il professore e il compagno si guardarono in faccia furenti. Poi, entrambi guardarono la borsa del professore sulla cattedra. Capirono al volo e si gettarono sulla borsa. Ma arrivò prima il compagno, che la prese, corse alla finestra e la gettò fuori. Nessuno dei due andò a lamentarsi dal preside»
Gabriella. «Verso la fine della quinta, quando mancava poco per gli esami di maturità, eravamo indaffaratissimi per ripassare tra di noi le ultime cose. Poi entrò il professore di geografia, che disse: “Se non la piantate, me ne vado..
«Uno di noi (peraltro uno dei più bravi) commentò ad alta voce: “Meio!”
Il professore se ne andò diritto da preside a lamentarsi e il preside Gretter venne da noi, ma in tutta serenità, e ci chiese cosa fosse successo.
«Uno rispose per tutti: “Stavo dicendo all’amico che non ci interrogheranno sulla deviazione standard”. E lui allora commentò: “Meio!”, proprio quando aveva parlato il Marchetti. Un disguido signor preside…»