Rovereto, cerimonia alla memoria del martire Damiano Chiesa

Alla presenza delle autorità civili e militari si è svolta a Palazzo Pretorio la cerimonia alla memoria del martire Damiano Chiesa

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Una cerimonia semplice e raccolta, sulle note del silenzio, quella che si è svolta questa mattina a Palazzo Pretorio alla memoria del martire Damiano Chiesa, giustiziato ventiduenne il 19 maggio 1916 a causa della propria fede irredentista.
Dopo i discorsi ufficiali tenutisi all’interno del Municipio, una corona di alloro è stata deposta al monumento in piazza del Podestà, proprio di fronte al portone del Comune, alla memoria dei martiri roveretani Chiesa e Filzi, decorati con la medaglia d'oro al valor militare.
 
Numerose le autorità civili e militari presenti. Sono intervenuti la sindaca Giulia Robol per il Comune di Rovereto, il comandante della stazione dei Carabinieri Giovanni Mirella, la vice questore Ilva Orsingher, il comandante della polizia locale Emanuele Ruaro, il provveditore e il vicepresidente del Mitag Francesco Frizzera e Silvio Rosina. Folta anche la rappresentanza delle forze armate e della Guardia di Finanza.
 
La sindaca Robol nel suo intervento si è soffermata sull’attualità della figura di Damiano Chiesa, che si è battuto e si è sacrificato per gli ideali di indipendenza e per una società plurale e aperta a diverse identità culturali.

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«Il momento celebrativo alla memoria di Damiano Chiesa, un momento che ricorre ogni anno, deve essere colto come l’opportunità per una più ampia riflessione.
«È questo un punto essenziale, altrimenti il ricordare figure che hanno sacrificato la vita per i propri ideali, in un momento della storia molto diverso da quello che viviamo oggi, perde molto di significato, -  ha affermato la sindaca. - Una vita come quella di Damiano Chiesa, che va calata in un preciso periodo storico, nel contesto di una terra di confine dove il confronto con una cultura altra, quella austroungarica, poteva non essere semplice, è un esempio utile a far comprendere che gli ideali delle giovani generazioni e dei popoli, nel contesto anche nazionale e internazionale, vanno rispettati e devono essere alla base di una cultura del dialogo e non della sopraffazione.»
 
«Il sacrificio di uomini come Damiano Chiesa, di giovani che ambivano a una società o alla costruzione di una realtà diversa da quella in cui vivevano, è un segnale di grande fiducia nella capacità delle parole e della propria determinazione nel voler cambiare il mondo», - ha concluso la sindaca.

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