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Alice viaggiatrice, 7° e ultimo capitolo – Di Astrid Panizza

Alice vive un periodo di difficoltà e decide di partire per gli Stati Uniti – Il bilancio dei suoi 25 anni e il preludio di nuove avventure

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Link alla puntata precedente.
 
 Settimo e ultimo capitolo 
 
Sono tornata a Trento da Buenos Aires sei mesi fa. Ho passato un periodo di stallo, in cui la bussola della mia vita sembrava smagnetizzata, non trovava più il nord.
Sono stata a letto, o in casa a gironzolare tra il divano e il tavolo del salotto senza una meta, senza stimoli e un obiettivo da perseguire.
Mi sono sentita persa. Mi sembrava di aver sbagliato tutto nella vita, di essermi lasciata sfuggire le opportunità migliori e ho creduto di essere senza speranza.
 
La mancanza di Javier si faceva e si fa sentire sempre.
Nei mesi scorsi ho perso quasi il contatto della realtà lasciandomi travolgere dai ricordi, ma senza contattarlo o dargli in qualche modo la maniera di pensare che sarei potuta tornare, perché non è così che andrà.
Ho capito dopo qualche tempo che non si può vivere nel passato, mi sono resa conto che il presente è adesso, che se voglio cambiare la mia situazione non devo piangermi addosso ma fare qualcosa, agire e mettermi a cercare una concreta possibilità di seguire la mia strada.
 
Penso ora che la maniera migliore per fare un po’di ordine nella mia vita sia staccare per un po’, cambiare percorso anche solo per un periodo, in modo tale che guardando la mia situazione da un punto di vista esterno mi sia finalmente chiaro cosa scegliere.
Ho deciso di lasciare da parte gli studi per riprenderli poi in un secondo tempo, facendo un altro master magari, per dedicarmi invece ora a tutt’altro, un lavoro che mi porti in una qualche parte del mondo che non ho ancora avuto modo di visitare, per ampliare i miei confini e la mia visuale su altre culture.
 
Navigando su Internet ho trovato varie opportunità di lavoro all’estero, più come volontariato che vero e proprio lavoro.
La proposta che mi pare più interessante parla di un lavoro come contadina nel periodo della vendemmia nella zona di Napa Valley, in California.
«Ma che figata» – penso quando leggo l’annuncio, sarebbe un po’come stare in Trentino, terra delle campagne e quindi del vino, visitando però il continente opposto, gli Stati Uniti d’America, che forse un po’mi rimandano anche a Javier, che ha una sede operativa del suo lavoro anche negli USA oltre che a Buenos Aires, anche se non ho la minima idea di dove sia.
 
Mando una mail al contatto presente sotto l’annuncio. Mi risponde una donna, Sally, che dice di avere origini italiane e di essere davvero felice di aver ricevuto una mail da parte di una ragazza che viene proprio dal Bel Paese.
Sorrido, mi sembra una persona a posto.
Ci scambiamo in seguito numerose mail, le chiedo che mansioni specifiche sono previste e quando potrei raggiungere la California.
Lei mi risponde che potenzialmente posso partire quando voglio perché oltre alla vendemmia c’è sempre molto da fare e ha bisogno di una mano anche in casa, dove potrebbe ospitarmi.
 
Ci penso un po’, passa qualche giorno, mi svago, esco con le amiche, faccio molte passeggiate con Daikon, il mio maremmano bianco.
Passo proprio durante una passeggiata con lui, sul ponte dei Cavalleggieri e prima di raggiungere piazza Fiera vedo in una vetrina di una libreria, dei libri di viaggi. Entro con il mio cane ingombrante, che però è sempre tranquillo, e mi prendo un libro di viaggi sulla California.
Mi piace davvero tanto, sembra una terra molto simile alla Toscana più che al Trentino, con colline ricoperte da campagne e da alberi da frutto.
Una realtà lontana mille miglia da quello che pensavo rispetto all’America vista sempre nei film, tra luccichii e grattacieli.
 
Leggo nel libro che il territorio di Napa Valley è una terra di campagna che ha visto in questi ultimi anni i guadagni dati dagli sforzi del lavoro.
È diventata infatti un’area molto popolare sia per la qualità eccellente del vino, che si può trovare nelle numerose cantine dove si possono assaggiare vari tipi di bianco o di rosso, sia per l’aumento del turismo di passaggio dato dai viaggiatori sempre più in aumento che desiderano conoscere la West Coast dell’America facendo un viaggio in macchina partendo da Nord e arrivando a Sud.

Tutte queste informazioni mi danno una carica nuova, sento i miei occhi brillare come non facevano da tempo. Voglio farlo, esplorare questa parte del mondo e imbarcarmi in un’avventura nuova. 
Scrivo subito a Sally. Ho deciso di partire – le annuncio - comincerò con la burocrazia da domani, dato che oggi è domenica.
È una giornata bigia, con le nuvole basse, che non promette niente di buono.
È giugno e probabilmente si sta avvicinando uno dei temporali estivi tipici di questa stagione. Peccato, avrei voluto uscire con Daikon per una passeggiata.
Guardo il monitor. Sally mi ha già risposto. Controllo l’orologio, sono passati solo 5 minuti, e in California a quest’ora è prima mattina.
 
Apro la mail sperando in una risposta positiva, e mi colpisce il tono esaltante con cui Sally scrive, mi sembra quasi di sentire dal vero quello che sto leggendo.
Mi aspetta al più presto, quando voglio partire basta che glielo faccia sapere e la troverò ad aspettarmi in aeroporto a San Francisco.
Dal giorno successivo, quindi, inizio un nuovo viaggio fatto di carte su carte. Entrare negli Stati Uniti non è facile, ma ho deciso di rimanere per un periodo non superiore ai tre mesi quindi non ho bisogno di fare nessun visto, per fortuna.
Prenoto un volo aereo da luglio a ottobre, il periodo ideale non solo per vendemmiare ma per avere anche il tempo di visitare il territorio.
 

 
Il tempo passa troppo veloce, come sempre, e quando riempio la valigia, mia fedele compagna di viaggio, mi sembra di tornare indietro alla mente a quando la riempivo prima di partire per Buenos Aires, per il Brasile, per l’Australia, o per le numerose volte in cui sono stata in Spagna.
Quante cose sono cambiate nel corso del tempo, sono cresciuta io e forse ora che sto quasi per compiere 25 anni, il famoso «quarto di secolo», è arrivato il momento di tirare le somme, di guardarmi indietro per ragionare su ciò che ho fatto.
Non voglio sembrare la giovane che in realtà è vecchia dentro, non mi sento così, però mi piace pensare a quello che ho fatto, non con nostalgia, ma come spunto e supporto per costruire il futuro nella maniera che preferisco.
 
Ho sempre vissuto una vita anticonvenzionale, a metà tra due culture da piccola, e tra molte altre quando sono diventata più grande.
Non è stato facile ma a conti fatti è stato bellissimo, un’avventura in tutti i sensi in cui molto spesso ho scoperto cose nuove che mi hanno permesso di accrescere il mio bagaglio di conoscenze e di vedermi come una persona nuova, migliore.
Una delle mie amiche di sempre, di Trento, che conosco da quando sono piccola, mi ha chiesto l’altro giorno se mi fosse mai mancato qualcosa nella mia vita da nomade.
Non ci avevo mai pensato. Però è vero, qualche volta mi è mancata la stabilità, ho dovuto contare sempre su me stessa e mi sono dovuta ambientare in fretta ad ambienti a me sconosciuti.
Però non è stato un qualcosa di cui abbia mai sofferto, anzi è stato ciò che mi ha fatto crescere, che non mi ha mai impedito di lasciarmi andare e sono certa che se qualcosa mi ha dato questa mancanza, è stato solo un qualcosa di bene.
 
Do l’arrivederci alle mie amiche. I miei genitori e i miei nonni che hanno raggiunto l’Italia per qualche giorno, loro che mi hanno sempre sostenuto nelle mie scelte, volevano salutarmi e accompagnarmi in aeroporto per essere partecipi nell’avvio di questa nuova avventura.
Mi fa piacere, sento che ora che non sono più una bambina, questi gesti li apprezzo molto di più perché significano solo una cosa: bene incondizionato.
 
Chiudo la valigia e la peso. Perfetto. Non mi manca niente. Ho sistemato la camera, come faccio sempre prima di ogni viaggio, per poi trovarla al mio ritorno ordinata come l’ho lasciata. Mi infilo nel letto per l’ultima notte prima della partenza.
Non riesco mai a dormire granché la notte prima di ogni viaggio importante. Mi vengono in mente mille pensieri.
La prossima volta che entrerò in un letto sarà dall’altra parte del mondo. Chissà come sarà.
Un po’ di paura è sempre lì, latente, dietro l’angolo pronta a spuntare fuori. Ma la lascio lontana da me, non voglio pensarci, cerco di essere positiva e voglio sorridere a quello che mi sta venendo incontro.
 
La mattina arriva presto ed è ora di salutare la mia casa un’altra volta. Un’occhiata e via. Mi ritrovo in un batter d’occhio sull’aereo che sta per partire.
Estraggo il telefono dalla tasca, pensando di metterlo in modalità aerea, ma in realtà prima di farlo, in un impeto di curiosità apro Facebook e scrivo un messaggio a Javier.
«Sono su un aereo. Sto partendo per gli Stati Uniti. Magari se passi per la California potremmo rivederci.»
Spengo il telefono. Si accendono i motori. E’arrivato il momento per un altro viaggio. Cerco di non pensare a quello che ho appena fatto e allora mi perdo in pensieri leggeri. Guardo fuori dal finestrino.
Credo che se dovessi darmi un nuovo cognome sarebbe di sicuro «Viaggiatrice», l’appellativo che mi si addice di più, e che poi suona anche bene: Viaggiatrice, Alice Viaggiatrice.
 
Fine

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