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La «mia» Via de la Plata (3ª puntata) – Di Elena Casagrande

Benvenuti nell'Extremadura della dehesa, punteggiata da paesini con splendide chiese e monasteri. La mia notte da incubo a Calzadilla de los Barros

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In cammino verso Fuente de Cantos.
(Puntata precedente)

 
Si parte presto da El Real de la Jara (Andalusia) con un cielo stellato, meraviglioso e profondo.
Dopo pochi minuti un castelletto con quattro torri - El Castillo de las Torres - probabilmente un antico posto di difesa o il dazio, ci dà il benvenuto in Extremadura, a lato del cammino che, da qui e per tutta la regione, sarà segnato da blocchi quadrati in granito, con inciso l’Arco di Cáparra e con le piastrelle gialle – a significare che si sta seguendo il cammino di Santiago – o con le piastrelle azzurro-verdi – ad indicare l’antica via romana de la Plata o con piastrelle di entrambi i colori giallo/azzurro, quando i due percorsi coincidono.
 

Il pastore intervistato da Enrico.
 
 Attraversiamo oliveti e grandi distese di prati con querce e roverelle  
Si attraversano oliveti e dehesas (grandi distese di prati, querce, roverelle, cisto mediterraneo) ove vivono allo stato brado i maiali neri e dove pascolano capre, pecore e mucche.
Il primo paese che incontriamo, dopo aver attraversato, con mille deviazioni a tratti poco segnalate, il cantiere di costruzione della nuova A-66 (l’autostrada Ruta de la Plata), è Monesterio.
Ora, prima di arrivarci, c’è una grande area di sosta, con una rotatoria e una scultura di un enorme prosciutto iberico.
Nel 2006 si vedeva solo un vecchio cruceiro (una vecchia croce), dove scattiamo una fotografia. Oggi è stato risistemato, con davanti un muretto intonacato e un’aiuola.
 

Il convento di San Diego a Fuente de Cantos.
 
 Dormiamo a Monesterio, tipico pueblo carretero, al rifugio della Croce Rossa   
A Monesterio, tipico pueblo carretero (paese attraversato dalla strada centrale), dormiamo al rifugio della Croce Rossa, che Paolo (che ci ha staccato e che è davanti a noi di una tappa) ha pulito.
Sono stranamente stanca e dopo aver mangiato (pane, prosciutto e per dolce i cortadillos de cidra, dei biscotti quadrati ripieni di zucca candita) mi faccio un pisolino.
Quando mi sveglio vado a prendermi un caffè in centro, scrivo il diario e poi tutti alla S. Messa, con successivo aperitivo a base di lumachine piccanti e bevande fresche.
 

Il cruceiro di Monesterio.
 
 Ripartiamo per Fuente de Cantos, paese natale del Caravaggio spagnolo  
La fontana della piazza, che poche ore prima era chiusa, ora zampilla giochi d’acqua che sembrano rinfrescare l’aria. Lì ci salutano le pellegrine francesi, Isabel e Marie-Luce, che smetteranno di camminare fra poco.
Io dormo male. E quando dormo male, il giorno dopo, i piedi non vanno e sono incollati al suolo. Siamo diretti a Fuente de Cantos, il paese natale del seicentesco pittore Francisco de Zurbarán (il Caravaggio spagnolo).
Prima d’arrivare c’è una fattoria dove allevano i maiali (non sono quelli liberi delle dehese!) ed il loro odore mi fa venire la nausea. Non ne posso più, né del jamón, né di questi animali!
 

Mojón, il cippo, in Extremadura.
 
 Antichi edifici ristrutturati, ma poi trascurati a beneficio dei piccoli hotel  
Facciamo pausa all’ex-convento, all’epoca fresco di restauro della Giunta di Extremadura, albergue de peregrinos meraviglioso e sede del museo del pittore.
Oggi, purtroppo, quasi sempre chiuso. Come il frantoio prima di Villafranca de los Barros… come il palazzo di Torremejia… come tutti gli antichi edifici ristrutturati dalla Junta, mai poi trascurati a beneficio dei piccoli e vecchi hotel sulla strada nazionale.
Decidiamo di proseguire per Calzadilla de los Barros. Si attraversano campi gialli di grano mietuto e pascoli. Incontriamo un pastore ed Enry si ferma a chiacchierare.
«Tenete le pecore per la carne o per la lana? – gli domanda…
Io sto per morire. Non ce la faccio più e, purtroppo, non riesco a non vomitare e me ne dispiaccio, anche per il pastore, che non sa che fare.
Sto malissimo. Probabilmente, a Monesterio, ho bevuto dell’acqua contaminata.
 

Castillo de las Torres al confine tra Andalusia ed Extremadura.
 
 Sto male, finalmente raggiungiamo Calzadilla de los Barros  
Enrico finalmente molla l’intervista, mi fa coraggio e, piano piano, cerchiamo tutti di raggiungere Calzadilla.
Lì c’è la fiesta, lo si capisce dalla musica e dalle bandierine appese ovunque.
Visitiamo la Chiesa del Divino Salvador, dove possiamo ammirare lo splendido retablo (ovverosia la pala d’altare in legno dorato) gótico-mudéjar di fine Quattrocento, con ben 28 tavole lignee dipinte.
A sinistra riconosciamo S. Giacomo, che - ovviamente - fotografiamo. Ha un’aria nordica, quasi fiamminga, ma è un’opera locale, del pittore Antón de Madrid, all’epoca residente a Zafra.
 

Pannello de La Via de la Plata
 
 Mi riposo su una panchina mentre Enrico va a timbrare le credenziali  
Davanti al sagrato incontro Carlos e mi riposo con lui su una panchina, mentre Enrico va dal prete a farci timbrare le credenziali.
Purtroppo l’albergo è sopra il paese, circa due km. di salita verso il bosco… «Ma cosa sono per voi 2 chilometri…? Un paseíto (una passeggiatina ci dice una signora, vedendoci con gli zaini ed il passo rallentato).
Ci danno le chiavi e, naturalmente, ci invitano a ritornare in paese per goderci la festa.
 

Monumento al jamón iberico.
 
 In paese impazza la fiesta, io sono stanca e vado a dormire  
«Ma quale fiesta?» mi domando. Non sto in piedi. Arrivati al rifugio mi lavo e decido di non mangiare, ma di bere soltanto: acqua e sali minerali.
Enrico e Luigina decidono di scendere al paese e a me non resta che dormire. Noi pellegrini siamo sul divano e sulle brandine del salotto: non abbiamo una stanza per noi. Le altre stanze sono chiuse a chiave.
«Saranno occupate?», mi chiedo. Non lo sappiano. Enrico mi dice di chiudermi dentro.
«Lo faccio, ma stacco le chiavi, così potranno entrare senza svegliarmi.
 

Ermita de la Hermosa - Fuente de Cantos.
 
 Arrivano dei ragazzi; sono sola, ho paura e mi chiudo in bagno  
Le sbarre di ferro alle finestre non mi piacciono. La cucina non ha la porta e l’unico posto con chiavi è il bagno, con tre servizi. Io mi metto a letto. Sono sola e la sola cosa che voglio è cercare di dormire.
Non faccio neanche in tempo a coricarmi che sento arrivare una macchina a forte velocità. Poi urla di ragazzi, musica ad alto volume ed infine il rumore della serratura.
Qualcuno sta per entrare e sono sola. Rimango immobile, trattengo il fiato, stesa sul divano. Per fortuna non accendono la luce del soggiorno e non mi vedono. Aprono una stanza laterale e poi escono. Decidono di mangiare qualcosa in giardino, per poi andare in paese, alla fiesta.
Appena usciti, subito penso a rifugiarmi in bagno, dopo aver preso il cellulare che era in carica in soggiorno ed il mio zainetto con i documenti, le carte di credito, i soldi.
I ragazzi sono alticci, urlano, ruttano, ridono e scherzano. Io ho paura. Sono sola e non so che intenzioni possano avere.
Mi alzo dal sofà e mi chiudo, senza fare rumore, in uno dei tre bagni. Sono quei bagni con l’apertura in alto, ma, sfiorando la medaglia di Santiago che porto al collo, mi prometto solennemente che non proferirò parola, non aprirò mai la porta e che uscirò solo se tirata fuori di forza.
 

Chiesa di Calzadilla de los Barros.
 
 Una notte da incubo: chiedo a Paolo di avvertire la Guardia Civil  
Prendo il mio cellullare e chiamo Luigina. Non risponde. Chiamo Enrico, ma il suo telefono suona in soggiorno!
L’ha lasciato lì… subito interrompo la telefonata, per non far più squillare il telefono. Per fortuna la musica in giardino copre la suoneria del suo cellulare.
L’unica cosa che mi resta è scrivere a Paolo che dorme nel paese davanti al nostro. Gli chiedo di avvisare la Guardia Civil (paragonabile ai nostri Carabinieri) e di chiedere se possono venire all’albergue di Calzadilla de los Barros.
Spero che abbia il cellulare acceso e che non dorma. Inizia la mia nottata da incubo. Sono in bagno, la testa fra le ginocchia e tanta, tanta paura.
Stringo forte le mie medagliette al collo. «Sono qui per te, Santiago, proteggimi, te ne prego!», sussurro a bassa voce, fissando il pavimento.
Ora (e da allora) so cosa vuol dire per una donna temere una violenza!
 

Il Retablo di Calzadilla.
 
 Tentano di sfondare la porta, poi finalmente arrivano gli agenti  
Finalmente Paolo mi scrive: arriveranno gli agenti. Ma ci vorrà un po’ di tempo per via della strada che debbono fare, per raggiungermi. Nel frattempo i ragazzi fuori hanno finito di mangiare.
Uno entra in bagno. Trova il mio chiuso. Va in quello accanto, perché deve espletare i suoi bisogni… Che rumori, che disagio! Poi esce ed informa del bagno chiuso gli amici.
Ecco che entrano tutti e tre. Vogliono sfondare la porta, la sbattono con violenza, ma non riescono a scardinarla. Io sto zitta.
Loro provocano: «Veniamo a prenderti. Così vediamo chi sei», urlano in spagnolo.
Vanno in soggiorno a pigliare una sedia per arrampicarsi per guardare dall’apertura sopra la porta. Mettono la sedia davanti alla mia porta quando ecco che sento delle voci…
Riconosco la voce di Carlos. Esco. Dico ai ragazzi: «Sono io quella che volevate vedere!».
Sono dei ventenni. Minatori.
 

In cammino nella Bassa Extremadura.
 
 Arrivano le guardie, molto dispiaciute, che interrogano i ragazzi   
I ragazzi rimangono basiti davanti a me e alle mie parole. Poco dopo si presentano due agenti arrivati, credo, da Zafra.
Interrogano i ragazzi che ammettono di aver avuto intenzione di entrare, ma di non averlo fatto. Le guardie sono dispiaciute per me e dicono ai giovani di occupare solo la loro stanza.
Poi arrivano anche Enrico e Luigina, che vedono in giardino la macchina con i lampeggianti.
Racconto loro cos’è successo. Per me va bene così.
 

La dehesa durante l'inverno.
 
 Ringrazio la Guardia Civil, Paolo e Santiago che mi ha protetto  
Sono enormemente grata alla Guardia Civil. Ringrazio Santiago, che mi ha protetto e mantenuto lucida, in quell’ora di terrore (che mi è sembrata eterna) e Paolo.
Paolo ti voglio bene. Mi hai salvato. Spero di raggiungerti a Mérida per abbracciarti…se mai ci arriverò. Ma comincio a dubitare di riuscire a finire mai questo cammino. A Mérida c’è l’aeroporto, penso tra me e me.
Se andrà male, tornerò in Italia da lì, mi dico, cercando - finalmente - di dormire.
 
Elena Casagrande

(La quarta puntata de «La Via de la Plata» sarà pubblicata mercoledì 20 aprile)
 
Uno scorcio di Monesterio.

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Ivano Silvestri 06/05/2022
Racconto avvincente e particolareggiato, molto coinvolgente.
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Stefano 13/04/2022
Cara, Elena leggendo l’articolo sono tornato indietro nel tempo. Ricordo con piacere quando tornata dai tuoi cammini mi raccontavi delle tue avventure.
Questa ultima in particolare, perché il giorno dopo mi avevi chiamato.
Un beso.
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