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La Ruta de la Lana/ 5 – Di Elena Casagrande

Lasciata Cuenca entriamo in provincia di Guadalajara, dove la guerra civile è ancora viva nei racconti di un anziano del paesino di Gárgoles de Arriba

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La segnaletica della Ruta de la Lana a Valdeolivas.
Link alla puntata precedente.
 
  A Villaconejos de Trabaque Pepe e Antonio ci trattano come vecchi amici 
Nel pomeriggio visitiamo un negozio di articoli in «mimbre» (vimini). Qui viene ancora coltivato nei campi lungo il río Trabaque, colorandoli di rosso, specialmente in autunno.
In paese lo lavorano con abilità. A cena Pepe ci porta nella sua «cueva» (cantina - grotta).
È un po’ arrabbiato con la figlia, perché non gliel’ha ripulita dopo una festicciola, per lui la cueva è sacra. Poco dopo arriva anche Antonio, fotografo, che lo aiuta con i pellegrini.
Mangiamo dell’ottima carne alla brace e poi scendiamo anche in centro, per l’esibizione di «jota» (una danza folcloristica tipica). Il tempo di bere un caffè con la moglie di Pepe e poi ancora su, in cantina, per l’investitura con la collana del pellegrino e per un’ultima visita col «candil» (lucerna).
Si ride tanto, ma ci si emoziona anche molto. Non ci aspettavamo di essere trattati come «amigos de toda la vida» (amici di tutta la vita).
 

Con Pepe nella sua cueva.
 
  Nell’Alcarria molte chiese, costruite nel XIII secolo, sono in stile romanico tardivo 
Andiamo a dormire che sono quasi le 2! Ciononostante alle 7 siamo pronti per ripartire. Siamo diretti, come primo step, ad Albendea.
Il guado del fiume Guadiela - come pensavamo - è allagato. Tocca togliere gli scarponi.
Ci saluta un pescatore, che si lamenta perché i pesci non abboccano. Dal fiume è tutta strada fino a Valdeolivas, in cui spicca la torre romanica della sua chiesa.
La Riconquista dai mori dell’Alcarria, avvenuta tra XI e XII secolo, fece sì che, dopo il lento ripopolamento della zona, le sue chiese venissero costruite ancora secondo lo stile romanico, proprio quando in Europa si stava diffondendo il gotico.
Un tizio che avevamo visto a Torralba, ci dice che siamo in ritardo. Che simpaticone! Finalmente, dopo ore su un cammino di terra, entriamo a Salmerón, in provincia di Guadalajara.
Teresa, la proprietaria del bar El Cazador e sindaca del paese, chiama subito Esteban, l’addetto ai pellegrini. Lui arriva in men che non si dica, ma aspetta che finiamo il panino.
 

L’attraversamento del Río Guadiela.
 
  Entriamo in provincia di Guadalajara e a Salmerón ci accoglie Esteban 
Esteban, per un suo voto personale all’Apostolo San Giacomo, riceve noi pellegrini con assoluta dedizione.
Segue un «rituale» ben preciso. Per prima cosa ci accompagna all’albergo, poi ci immortala, con la foto di rito, davanti al portone degli Apostoli della chiesa e infine ci carica sul suo fuoristrada per mostrarci l’uscita dal paese.
In auto vedo uno stencil con la freccia e la vernice gialla: evidentemente Esteban cura pure la manutenzione dei segnali della Ruta. E, per l’ostello, che ha sede nell’antico palazzo dell’Inquisizione, ha persino costruito una poltrona «adirondack» in legno.
È un vulcano e lo stimo molto. All’albergo dei pellegrini, al nostro ritorno, troviamo un altro camminatore. Anche lui è stato accolto come noi, ma è taciturno e non ha voglia di parlare.
A noi va bene: dobbiamo dormire e recuperare la notte brava di ieri.
 

L’ingresso a Salmerón.
 
  A Viana de Mondéjar la signora Marina ci offre dell’acqua fresca 
All’alba si ricomincia con due erte, sulla «calzada» (strada) romana, fino alla Finca Villaescusa (un villaggio abbandonato acquistato da un privato, che pare lo abbia raso al suolo).
Lì è tutto recintato e la cosa obbliga a fare una lunga «orecchia», senza possibilità di «tagli» sulle vecchie strade del paese.
«Che scocciatura! E mi fanno male i piedi» – sbotto ad alta voce.
Riprendo fiato sotto un pino. Il sentiero continua lungo un’altra «finca» (tenuta), tra i consueti saliscendi, alla volta di Viana de Mondéjar.
La signora Marina, operata alla gola e alla lingua, senza averglielo chiesto, ci offre due bicchieri d’acqua fresca.
La ringrazio e le dico che la ricorderemo a Santiago. Lei non può parlare, ma piange. Provo a farle forza. In fondo si vedono bene le due montagne gemelle: las Tetas de Viana.
Ora ci aspettano 8 km di salita per Trillo.
 

Las Tetas de Viana dal cammino.
 
  Cenando insieme, a Trillo, conosciamo meglio il «pellegrino» di Salmerón 
L’albergo dei pellegrini è vicino alla Plaza de Toros (arena delle corride). Timbriamo la credenziale dalla sorella del parroco, in chiesa. Arriva anche «Speedy», il pellegrino di ieri.
L’ho soprannominato così, per la velocità del suo passo. All’ora di cena lo ritroviamo al bar, da solo e, ovviamente, gli proponiamo di cenare insieme.
Chiacchierando ci dice che è un anarchico, che è contro il «sistema» costituito e che non crede. Fa l’alternativo e si mostra sbruffone nei confronti del cammino.
Per lui è una semplice maratona. Non capisco, allora, perché vada a timbrare in chiesa. Chiacchierando vengo a sapere che il padre ha una cantina di vini lungo la Ribera del Duero, tra l’altro molto famosa. Poi ci racconta altri dettagli di vita che ci fanno capire l’antifona.
«Questo è anarchico per modo di dire e con i soldi del papy» – concludo con Teo.
 

Segnali giacobei in provincia di Guadalajara.
 
 Il signor Regino, 84 anni, cammina spedito con noi e parla come un fiume in piena 
Fatichiamo a prendere sonno perché dei ragazzotti tirano sassi alle finestre del nostro albergo.
«Speedy» russa e non si accorge di nulla. Deve uscire Teo.
Al bar della cascata del Tago si lamenta con dei signori che, per fortuna, risolvono la cosa. Il mattino seguente passiamo da Gárgoles de Abajo. Sembra un paese fantasma.
«Saranno appena andati a dormire!» – Mi dice Teo. – «Ieri qui c’era la fiesta».
Nel villaggio successivo, a Gárgoles de Arriba, ci affianca Regino. Ha 84 anni e ogni mattino passeggia.
«Venite da Trillo?» – ci domanda.
«Già» – gli dico.
E lui: «Sapete che i suoi abitanti, per sopravvivere, dovevano salire da noi, in campagna, per barattare due pesci del Tago con patate e tegoline?
Adesso, invece, grazie alla centrale nucleare, sono ricchi. Si sono intascati i fondi per le opere di evacuazione e non hanno fatto nulla».
 

Prima di scendere a Trillo.
 
  Mai avrei pensato che, tra i girasoli, si nascondesse un campo di concentramento 
Camminando Regino mi indica una «finca» (tenuta).
«Laggiù – dice – c’era un campo di concentramento franchista».
Sentendo le sue parole mi vengono i brividi e gli dico: «Ma davvero?»
«È tutto vero» – mi conferma lui. – «Lì, a guerra finita, il movimento nazionale valutava i prigionieri repubblicani e stabiliva chi liberare, chi mandare ai lavori forzati e chi condannare a morte. Per farlo assumeva le informazioni dai membri della Guardia Civil o della Falange o dai preti superstiti».
Il campo rimase in funzione per un breve lasso temporale, tra aprile e maggio del 1939.
Quelli «de derecha» (di destra) avevano cominciato a regolare i conti con i miliziani «rojos» (rossi).
Qui furono commesse atrocità di ogni genere, da entrambe le parti, come veniamo a sapere dal nostro compagno di cammino.
 

Gárgoles de Arriba e la centrale di Trillo.
 
  La persecuzione religiosa della Guerra Civile fece vittime anche in questi paesini 
Regino mi racconta che nell’Alcarria Alta furono assassinati molti preti.
Anche il parroco del posto. Per farlo fuori vennero armati tre uomini, tra cui il «tonto del pueblo» (lo scemo del villaggio), ubriacato per bene prima dell’esecuzione.
Spararono al «cura» (prete), a cui portavano il cibo ogni sera, senza finirlo, davanti ad una fossa scavata tra i campi e lo seppellirono vivo.
Era il 31.12.1936 e lui si chiamava don Guillermo Mayor García.
La storia divenne nota a fine guerra civile, quando il parroco di Cifuentes trovò un biglietto delatorio nella serratura della chiesa parrocchiale.
Il sindaco di Gárgoles de Arriba ed il suo segretario (che era stato anche il sagrestano di don Guillermo) confessarono, indicando i nomi degli esecutori materiali.
«Alla fine venne ucciso da quelli che lo proteggevano… quando sembrava che i rossi stessero per vincere» – chiosa l’arzillo vecchietto.
 

La chiesa del Salvador a Cifuentes.
 
  Cifuentes è ricca d’acqua e di tesori architettonici 
Facendo strada, dopo la salita all’eremo di San Biagio, arriviamo a Cifuentes, capitale dell’Alcarria.
Le sorgenti del suo fiume riempiono un bacino ad inizio paese. Vanta molti tesori, come la plaza mayor porticata, il convento di Santo Domingo - oggi museo -, la sinagoga ed infine la chiesa gotica del Salvador (quella del bigliettino nella serratura), col portale romanico di Santiago, decorato dagli Apostoli, dai vizi e dalle virtù.
Dopo la doccia ce la godiamo con spensieratezza.
«È piacevole fare i turisti» – mi dice Teo.
E io: «Certo. Che ne dici di festeggiare il Ferragosto con una cena in un bel ristorante?»
Vicino alla porta del sale (sulla via proveniente da Saelices de la Sal) scovo il locale «La Esquinita». Dal menù ordiniamo «perdiz en escabeche» (pernice marinata) e «cordero» (agnello) e «de primero» (per antipasto) un piatto di formaggio di capra al forno con marmellata.
«Il nostro amico Vicente di Madrid direbbe: Por eso hago el Camino! (Per questo faccio il cammino). Vero Teo?» – Sussurro a Teo.
E scoppiamo a ridere.

Elena Casagrande - e.casagrande@ladigetto.it

(La sesta puntata de «La Ruta de la Lana» sarà pubblicata mercoledì 22 maggio 2024)
 
Los Manantiales (le sorgenti) y la Balsa (il bacino) di Cifuentes.

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