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Storie di donne, letteratura di genere/ 423 – Di Luciana Grillo

Matilde Serao, «Telegrafi dello Stato» – La vita delle ausiliarie telegrafiste d’un tempo, sfruttate e umiliate anche oggi, anche nei luoghi più ricchi del mondo

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Titolo: Telegrafi dello Stato
Autrice: Matilde Serao
 
Editore: Alessandro Polidoro, 2022
Prefazione: Vincenza Alfano
 
Pagine: 96, brossura
Prezzo di copertina: € 12
 
Fra le donne straordinarie vissute tra ’800 e ’900, un posto speciale occupa senza dubbio Matilde Serao, giornalista e scrittrice, prima donna italiana fondatrice di quotidiani ancora presenti sul territorio nazionale come Il Giorno e Il Mattino, critica letteraria, coraggiosa nell’affrontare battaglie ambientali e femministe. Basta ricordare Il ventre di Napoli che ancora oggi viene letto con interesse e curiosità perché tristemente attuale.
Il racconto lungo Telegrafi dello Stato racconta la vita, i sacrifici, le speranze, le delusioni di alcune giovani donne impiegate ai Telegrafi e sicuramente affonda nei ricordi della stessa autrice che in quegli uffici lavorò per tre anni, dal 1874 al 1877.
 
Vincenza Alfano nella sua prefazione evidenzia la duplicità caratteristica della città di Napoli, ora «patinata, da cartolina», ora «pericolosa, assediata dalla delinquenza e dalla camorra» e nello stesso tempo il «suo carattere unico di città che sa contenere il bene e il male, l’inferno e il paradiso».
Con una prosa semplice e accattivante, Serao ci presenta un gruppo di giovani donne impiegate ai Telegrafi di Stato, in un settore molto diverso – e diversamente retribuito – da quello in cui operano gli uomini.
D’altra parte, «siamo alla fine dell’800, le regole della morale le hanno scritte gli uomini da un punto di vista esclusivamente maschile. Le apparenze contano molto più della verità».
 
Le ragazze sono diverse fra loro, c’è chi è così povera - Maria Vitale - che non ha un orologio in casa ed esce prestissimo per non arrivare in ritardo ed essere costretta a pagare una multa, c’è Giulietta Scarano «assorbita nella desolazione della sua idea amorosa», ci sono Cristina Juliano che «sembrava un brutto uomo vestito da donna» e Adelina Markò, una diciottenne bella e bionda che non era povera, ma lavorava «solo per farsi i vestiti, per comperare la biancheria del corredo», le sorelle piemontesi Emma e Ida Torelli e tante altre… lavoravano in coppia, ma la direttrice che aveva «fini capelli di un biondo cinereo… il pallore di avorio delle zitelle trentenni» non metteva mai insieme due amiche: «da tutte si diffondeva un senso di pacata rassegnazione, di noia indifferente, di apatia quasi serena».
 
Per queste ragazze non c’erano giorni festivi, «riunite a far nulla in uno stanzone in penombra, innanzi a una macchina silenziosa, nel giorno sacro di Natale, mentre i parenti, i cari, gli amici erano riuniti a pranzo, a giuocar la tombola e si preparavano per un ballonzolo famigliare».
Questa era la vita delle ausiliarie telegrafiste, non un giorno di gioia e di libertà.
Forse questa era (ed è) la vita delle ragazze povere, sfruttate e umiliate anche oggi, anche nei luoghi più ricchi del mondo.

Luciana Grillo - l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)


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