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Storie di donne, letteratura di genere/ 433 – Di Luciana Grillo

Gertrude Stein, «Autobiografia di Alice B. Toklas» – Il singolare successo dovuto a una «auto»biografia scritta da un’altra persona…

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Titolo: Autobiografia di Alice B. Toklas
Autrice: Gertrude Stein
 
Traduttrice: Alessandra Sarchi
Editore: Marsilio 2021
 
Pagine: 312, Brossura
Prezzo di copertina: € 18,00
 
Uno strano titolo, questo, che parla di una autobiografia scritta da un’altra persona!
In realtà, Gertrude Stein, che per tutta la vita ha rincorso il successo come scrittrice senza raggiungerlo, parla di sé a nome della sua compagna di vita Alice B. Toklas.
E con questa cosiddetta «autobiografia» pubblicata nel 1932 e oggi tradotta e pubblicata in italiano, finalmente Gertrude diventa un’autrice di successo!
 
È stata una figura molto importante nel panorama culturale e artistico europeo, si dice che un pittore che aspirasse al successo, doveva necessariamente recarsi da lei a Parigi, in Rue de Fleurus 27.
Nella sua casa riceveva intellettuali (ma nei loro confronti esibiva un certo disprezzo snobistico), artisti anche esordienti, di alcuni decretava il successo, dispensava giudizi, dava consigli, per esempio si attribuiva il merito di aver spinto Hemingway ad abbandonare il giornalismo a favore della stesura di romanzi e di aver ispirato a Picasso le forme e i colori del cubismo «fra le pareti del suo appartamento, tra i quadri e i versi di Guillaume Apollinaire».
 
La traduttrice ricorda che, quanto alla prosa di Gertrude Stein, la stessa autrice affermava «che le virgole non erano necessarie… le virgole erano solo un segno che indicava di fare una pausa e tirare fiato» e comunque si autopromuoveva, piegando «la propria opera alla costruzione di una mitologia personale…, spesso appoggiata su faticose manovre per incontrare editori, su estenuanti trattative per vedersi pubblicato un libro».
Forse, in quegli anni, era difficile per una scrittrice farsi accettare, forse ancora di più per una «americana che viveva a Parigi».
 
L’autobiografia racconta la Parigi vivace e creativa, sorprendente per una giovane americana, di cosmopolita famiglia ebraica, che aveva studiato medicina a Baltimora, senza completare il corso, e poi con i fratelli a Parigi era diventata una grande collezionista che frequentava Picasso e Fernande, Matisse, Braque, il doganiere Rousseau, Apollinaire, Scott Fitzgerald, Ezra Pound, Jean Cocteau, che amava le automobili, che si è impegnata durante la prima guerra mondiale a soccorrere i feriti.
E racconta la sua Pennsylvania, New York e Oakland, i viaggi a Londra e in Spagna, mentre afferma con convinzione che «ciascuno non può che avere un métier, allo stesso modo in cui non può che avere una lingua. Quanto a lei, il suo métier è la scrittura e la sua lingua l’inglese».
 
Alice conferma, in questa «sua» autobiografia, che Gertrude veniva frequentata perché «sapeva sempre cosa c’era di buono in un buon Cézanne…, l’accusano di avere un orgoglio smisurato. Al che lei risponde: Si capisce. Sa bene che nella letteratura inglese di questo tempo non c’è che lei. Lo ha sempre saputo e adesso lo dichiara».
E dichiara anche, senza peli sulla lingua, che «I tedeschi non sono moderni, sono gente retrograda che formula il metodo di quella che noi chiamiamo organizzazione, non capite? Quindi non possono vincere questa guerra perché non sono moderni…Siamo profondamente e convintamente una repubblica che ha quasi tutto in comune con la Francia e molto con l’Inghilterra mentre, qualsiasi sia la sua forma di governo, non ha niente in comune con la Germania».
 
Come già detto, durante la guerra Gertrude si muove con assoluta disponibilità; sempre con Alice, va a Perpignan («non eravamo mai state più lontano di Fontainebleau con l’auto…»), a Saulieu, a Nimes, a Strasburgo, in Alsazia diventano madrine di figliocci di guerra, visitano ospedali, distribuiscono generi alimentari, conoscono i soldati americani dell’esercito di sussistenza, non sempre li capiscono perché il loro inglese ha cadenze che rivelano la loro provenienza, Kentucky, South Carolina… «Gertrude Stein era l’autista e io la cuoca… Arrivarono i cugini di Gertrude Stein, vennero tutti, e tutti erano insoddisfatti e irrequieti. Era un mondo irrequieto e turbato».
 
Gertrude scriveva, continuamente, «lavorava con grande lentezza e concentrazione… quel lungo inverno a Saint-Remy dissolse l’irrequietezza lasciata dalla guerra e dagli anni successivi…».
Finita la guerra, Gertrude si distrae con quadri, automobili e cani.
Personaggio originale, Gertrude, che si autocelebra dando voce ad Alice e descrivendo con abilità un mondo che stava scomparendo.

Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)


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