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Storie di donne, letteratura di genere/ 451 – Di Luciana Grillo

Yael Artom, «Il pesce del tempo» – Un romanzo originale e sorprendente, con un protagonista surreale che colpisce l’immaginazione di chi legge

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Titolo: Pesce del Tempo
Autrice: Yael Artom
 
Genere: narrativa contemporanea
Editore: Voland, 2022
 
Pagine: 208, Brossura
Prezzo di copertina: € 16
 
Il romanzo incuriosisce fin dal titolo, poi appassiona e non lo si lascia più…
Il protagonista è un uomo qualunque, insignificante, dal nome strano, Adàutto. Lavora in una galleria d’arte, è diligente, ordinato, devoto al suo capo, un po’ depresso, surreale, mi ricorda il mite soldato Sc’vèik o il patetico Fantozzi.
In un primo tempo gli artisti con cui entrava in contatto gli sembravano disonesti, pronti a imitare altri artisti… «Se almeno uno di loro avesse parlato di variazione sul tema... Adàutto vedeva soltanto Rothko in colori pastello. Mondrian a triangoli. Mirò cubista. Ridondanti ripetizioni di concetti artistici formulati meglio da altri in passato».
 
Forse è proprio per questo che il Pesce del Tempo, così originale, lo affascina e il suo autore – Ulrich – lo soggioga, gli chiede continuamente denaro, fa lunghissime pause durante la composizione del suo lavoro che è davvero un lavoro particolare, costituito da parti organiche umane come peli e unghie, che il devoto Adàutto deve catalogare e custodire.
Un improvviso malore del capo e il successivo ricovero in ospedale sono fonti di preoccupazione, ma anche aprono spiragli nella vita grigia del docile contabile.
 
L’autrice con fine umorismo racconta gli equivoci che le incertezze di Adàutto provocano in ospedale, quando a un certo punto sembra che il ricoverato sia proprio lui. Anzi no, sono due Adàutto, «uno ricoverato in psichiatria, l’altro in pneumologia… Lei è ricoverato? Si è perso? E perché non è in pigiama? Lei è quello di psichiatria?» e così via…
Adàutto non conosce neanche il cognome del suo capo, lo ha sempre chiamato Signor O., «dove potevano averlo messo? Avrebbe scommesso su ricoveri lungo degenti o terapia intensiva… il signor O. poteva essere morto. Ma se fosse morto l’avrebbe saputo…a chi l’avrebbero comunicato? Non certo a lui.»
 
In ufficio, intanto, compare una figlia del signor O., e le posizioni all’interno della Galleria si modificano, entra in scena la signora Valois e indimenticabile è il dialogo fra Adàutto e Valois davanti alle tazze di tè: «Ha finito? – Non ancora – Beva allora – Adàutto si bruciò il palato, ma finì in fretta per far piacere alla signora Valois».
Il romanzo va avanti così, tra improvvisi crolli nervosi di Adàutto e delirio di onnipotenza, il Pesce del Tempo fatto di unghie e di peli è lì «ondeggia lievemente / senza movente o motivo…/ A volte, per caso,/ senza motivo o movente, / una piccola / preziosa / scaglia,/ un’inutile/ schifosa / unghia/ cade, / dal pesce già scarno, / lanciando una piccola / inutile / eco.»
 
Originale e sorprendente, questo romanzo con il suo protagonista surreale e spesso bastonato dalla vita e dagli uomini/donne che lo circondano colpisce l’immaginazione di chi legge.

Luciana Grillo - l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)


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