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Storie di donne, letteratura di genere/ 489 – Di Luciana Grillo

Silvia Ballestra, «La Sybilla - vita di Joyce Lussu» – Dopo aver letto questa biografia, mi sembra di aver conosciuto Joyce molto meglio di quanto mi sembrasse

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Titolo: La Sibilla. Vita di Joyce Lussu
Autrice: Silvia Ballestra
 
Editore: Laterza, 2022
Genere: Storia critica
 
Pagine: 248, Brossura
Prezzo di copertina: € 18
 
Questa magnifica biografia è stata candidata al Premio Strega, ma purtroppo non è entrata nella cinquina.
Lo avrebbe meritato, è una storia vera, scritta con passione e competenza, senza indugiare su particolari superflui o frivoli, ma presentando a 360° la figura di una donna che ha saputo esprimere i suoi talenti nei campi più vari, mossa da un entusiasmo contagioso e una onestà intellettuale incrollabile.
 
Joyce – ma il vero nome è un altro, evoca cultura e amore per la letteratura e l’arte italiane: Beatrice Gioconda – ha solo ventun anni quando incontra Emilio Lussu, l’uomo della sua vita.
È bellissima, vive con i suoi in Svizzera, in esilio, ma ha già viaggiato molto; non ha frequentato scuole regolari, parla varie lingue, ama la natura, scrive e dipinge.
È figlia di Willy e Cynthia, genitori colti, indipendenti, che «hanno rinunciato al sostegno economico dei padri possidenti…si sono arrangiati tra lezioni, traduzioni e corrispondenze per giornali inglesi».
 
Genitori e figli orgogliosamente antifascisti. Joyce è anche una femminista convinta: «giurai a me stessa che mai avrei usato i tradizionali privilegi femminili: se rissa aveva da esserci, nella rissa ci sarei stata anch’io».
Emilio Lussu è più anziano di lei, antifascista, esponente di Giustizia e Libertà, «carismatico, coraggioso, indomito… capelli e occhi neri, slanciato, elegante, occhiali dalla montatura di metallo, baffi e pizzetto, sguardo ironico e tagliente… ex deputato del Partito sardo d’azione… condannato alla pena di cinque anni di confino per misure di ordine pubblico e definito “avversario incorreggibile del regime”».
 
Emilio e Joyce si incontrano una prima volta, si perdono e si ritrovano, innamorati e complici, diversi «per l’età, poi per formazione, per provenienza geografica, per bagaglio di esperienze. Eppure hanno in comune sensibilità, rigore, forza. E anche un bel po’ di ironia».
Vivono avventure rocambolesche, viaggi rischiosi e faticosissimi, esperienze pericolose, scrivono e descrivono, dando «una dimensione mondiale alla resistenza, segnando un itinerario internazionale che dalla Francia passa in Spagna, in Portogallo, in Inghilterra, di nuovo in Francia, dentro e fuori dalla Svizzera… e infine il ritorno nell’Italia da liberare».
 
Joyce racconta, e non trascura mai le donne che incontra, sembrano personaggi minori, invece «sono la rete minuscola di quella solidarietà che ha permesso l’organizzazione della resistenza. Sono donne che forniscono supporto logistico e non sarebbero tenute a farlo se non avessero una spinta naturale verso la giustizia e la cura… Carolina è solo una donna che si adopera ad aiutare la povera gente», vive a Lisbona, una città neutrale, una città come Joyce non vedeva da tempo, con azulejos azzurri e luminosi e piazze bellissime, pasticcerie colme di ogni delizia, negozi che offrivano agli occhi increduli «mazzi di pernici di fagiani di tordi… pile di triglie di trote di aragoste di ostriche; e tutto a portata di mano, a prezzi modesti, senza file, senza bollini… La sola vista di tanta abbondanza causava violente contrazioni al mio stomaco abituato alle privazioni».
 
Dopo Lisbona, Londra, dove «ritrovano la guerra. Le città sono state bombardate, interi quartieri della capitale sono rasi al suolo… Tra le rovine si muoveva un popolo affaccendato, sereno, sicuro di sé. La nebbia e il severo oscuramento… non sembravano deprimere né civili né militari».
È qui che, mentre Emilio va in America, Joyce «viene istruita sull’uso dei codici e degli inchiostri segreti, di un apparecchio senza fili, nella stampa di pamphlet clandestini, nell’uso di armi da fuoco», diventa una militare, vuole diventare una partigiana italiana e si prepara scrupolosamente.
Sa che la sua buona conoscenza delle lingue le sarà di aiuto.
 
E di nuovo viaggi, verso la Francia, con soste al confine franco-svizzero, a casa di un’altra donna, «Maria Biasini, una valorosa repubblicana di origine romagnola», poi Lione, una breve carcerazione, l’affetto per i Modigliani, la presenza di altre donne, il ritorno in Italia, (usando sempre nomi di copertura), la missione segreta a Bracciano… e Joyce pensa: «Una donna può farcela là dove tre uomini hanno già fallito>>, mentre si nasconde fra gli arbusti o nei fienili, infine l’arrivo degli americani, l’incontro tra gli antichi templi di Paestum e l’abbraccio del fratello Max.
 
Joyce, «che viaggia per il mondo, tratta alla pari con gli uomini, non si cura delle convenzioni, non abbassa mai la testa… è una donna pericolosa… in quanto sovversiva» sa bene quante cose malevole possano dire su di lei, ma «Intanto, io stavo bene e loro stavano male, io trovavo esseri umani di grande qualità e i pettegoli stavano tra di loro».
Il ritorno a casa, l’accoglienza dei genitori ormai sessantenni che hanno continuato la loro attività di antifascisti, la nascita del piccolo Giovanni sono raccontati con sincerità, sia nella manifestazione di ammirazione per la mamma, sia nel confessare il suo senso di inadeguatezza «nei confronti di quell’esserino così fragile e impotente, ma animato da una così selvaggia voglia di campare, che mi succhiava col latte quel po’ di vita che mi restava… l’appassionato amore che suscitava in me non mi aiutava a capire chi era, cosa sentiva, qual era la dimensione delle sue esigenze e dei suoi desideri, dei suoi dolori e delle sue gioie».
 
Segue il viaggio della famigliola in Sardegna e ancora la scoperta della forza delle donne, di Nennetta, che sarà per Giovanni una vice-madre, di Giovanna, fedele custode della casa, di Maria Giacobbe sua amica e compagna nel Partito sardo d’azione.
Ballestra non perde il filo, dalla Sardegna ci riporta nelle Marche, ricorda che Emilio diventa Ministro dell’Assistenza post bellica nel governo Parri, mentre Joyce gira «con i camion che portano cibo e beni di prima necessità» nel sud e nelle isole e continua la sua attività politica, lavorando con un’altra ex partigiana, Nadia Gallico Spano, una delle 21 madri costituenti, candidandosi alle elezioni, incontrando operai e minatori, insieme alla figlia di Benedetto Croce – Silvia – e ad Amelia Rosselli.
 
Insomma, Joyce è instancabile, combattiva, nonostante un’ulcera… vuole «trovare un’attività che la porti oltre la frontiera della notorietà di Emilio», e si dedica alle traduzioni di poeti rivoluzionari, tra cui il grande poeta turco Nazim Hikmet, il portoghese Agostinho Neto, il mozambicano José Craveirinha, il polacco Jozef Ozga-Michalski… viaggiando come una trottola da un capo all’altro del mondo e non vedendo l’ora d tornare a casa per raccontare ogni avventura a Emilio.
 
Nel marzo 1975, Emilio muore, Joyce nel silenzio assordante della casa vuota scrive «Non più per te il tempo… Il tempo, per te, mai più» e torna nelle Marche, «una sessantenne che non ha perso nulla della grinta di un tempo».
Scrive, pubblica, pur sentendosi «una scrittrice di complemento, non di professione» e, come suo marito, si rivela una vera scrittrice dei cui libri – poesie, racconti, memorie, reportage, saggi, traduzioni eccetera – si parla con ammirazione.
Tra i suoi temi, le donne offese, le sibille maltrattate, ingiuriate, torturate; la guerra e la pace; il territorio e le sue tradizioni. Intorno a lei, i fiori che tanto amava.
 
Joyce si è spenta nel 1998.
Ancora oggi, quando si parla di lei, si accenna al << continente Joyce>>.
Grazie, Silvia Ballestra, dopo aver letto questa biografia, mi sembra di aver conosciuto Joyce molto meglio di quanto mi sembrasse, dopo aver letto alcuni suoi testi.

Luciana Grillo - l.grillo@ladigetto.it
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