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Storie di donne, letteratura di genere/ 499 – Di Luciana Grillo

Clelia Romano Pellicano: «Nuovo e vecchio mondo - Vita e parole di una pioniera del femminismo» – La «voce» di una delle pioniere del femminismo italiano

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Titolo: Nuovo e vecchio mondo.
            Vita e parole di una pioniera del femminismo

Autrice: Clelia Romano Pellicano
Curatrice: Clara Stella
Editore: Le plurali, 2023
Genere: Biografie di personaggi famosi
Pagine: 176, Brossura
Prezzo di copertina: € 14
 
Cento anni fa moriva Clelia Romano Pellicano, una donna meridionale, amica di Deledda e Capuana, coraggiosa e intraprendente, che viaggia, va in Inghilterra, conosce suffragette e suffragiste, rappresenta le donne italiane e le loro istanze di autonomia, libertà, indipendenza.
«Per la nuova donna del Novecento, Pellicano pensa a un mix di femminilità, bellezza, seduzione che si associ a una cultura non più superficiale né tanto meno nozionistica ma, al contrario, approfondita, affilata e aggiornata. Ed è proprio lo studio delle lingue, del diritto, dell’economia che permette a Pellicano di esplorare mondi diversi ed elaborare un pensiero democratico, su base socialista».
 
Questo ci dice Clara Stella, la curatrice di «Nuovo e vecchio mondo», che ha approfondito le tematiche di Clelia Romano Pellicano, citando i suoi discorsi, le sue lettere, insomma una documentazione ampia e articolata relativa ad una donna forte e intraprendente, che accusa gli uomini di trattare le donne come fantocci, cioè di sfruttare «le lotte femminili per arrivare ai loro scopi».
Anche i giornali parlano degli incontri che Pellicano organizza nel suo Villino, a cui invita uomini e donne che si battono per il diritto di voto universale, per l’abolizione del diritto maritale, per l’accesso delle donne ai pubblici uffici, per una vera rivoluzione culturale, in nome della collaborazione fra generi.
 
La regione italiana che ispira maggiormente Pellicano è la Calabria, così come la Sardegna lo è stato per Grazia Deledda.
Alle donne calabresi, laboriose e creative, ma sottomesse al potere del denaro e del clero, dedica le «Novelle calabresi», ciascuna delle quali presenta una figura di rilievo in ambito culturale, sociale e politico.
Dopo una ricca introduzione, entriamo nel mondo della marchesa leggendo direttamente il suo resoconto sul Congresso del femminismo occidentale che nel 2009 si tenne a Londra, al quale Pellicano ha partecipato, incontrando donne provenienti da ogni parte del mondo, dalla Nuova Zelanda agli Stati Uniti, dall’Australia alla Boemia, e così via, parlando con loro e ascoltando le loro lotte, le conquiste, le attività.
 
La marchesa non si ferma qui, invita le donne latine a non preoccuparsi se arrivano per ultime, e scrive una brillante prefazione (presente in questo testo) al volume La donna e la legge di Carlo Gallini, leggendo «l’origine del patriarcato da una prospettiva marxista, ma inserendo anche una moderna visione di genere… le energie delle donne sono circoscritte alla cucina e ai lavori domestici… il genere femminile è stato ancorato e schiacciato nei sempiterni gesti del domestico rito… tanto da non conoscere altro eccetto i suoi doveri succhiati col latte, ovvero l’amore alla casa, ai figli, la fedeltà al marito».
Carla Stella inserisce poi alcuni racconti, che Pellicano crea in forma epistolare, quindi riprende le lettere tra i coniugi Leopoldo e Jessie, tra Leopoldo e l’amico Fogliasco, tra Jessie e l’amica Minnie, e così via. In questo modo la vicenda diventa corale…
 
Un’altra novella descrive la luna di miele di due giovani sposi, Beatrice e Lillo, turbata da gelosia e pensieri molesti.
Anche in questo caso, c’è la missiva, da Beatrice a Graziella; insieme al racconto leggiamo la descrizione di luoghi incantevoli e paesaggi romantici… ormai l’incanto si è rotto!
Ne La salvezza si nota come la donna sia completamente esclusa dall’amministrazione della famiglia: Lea sa che la situazione finanziaria della famiglia è disastrosa soltanto quando tutto sembra perduto… perciò si rivolge a un pretendente respinto, e da qui in poi le cose si complicano.
La contessa usa le sue armi seduttive, se ripensa a suo marito, sa di non averlo sposato per amore, ma perché era affascinante e perché le avrebbe permesso di vivere nel lusso, spendendo senza freni.
 
E forse perché lui l’amava: «Per due che s’amano come noi, non è una fine indecorosa…» e dunque le propone – venduti i beni in città – di trasferirsi in paese.
Troviamo poi un racconto dedicato a Grazia Deledda in cui si parla di un processo per infanticidio e dei pregiudizi, dei punti di vista, delle testimonianze, spesso riportate in dialetto calabrese, dei commenti della gente comune che vede l’imputata seduta «nella gabbia come su d’un trono, indifferente a tutto quanto la circondava…».
La conclusione del processo e il successivo omicidio dell’imputata e del suo amante concludono la storia in «un fascio di luce giallastra (che) squarciò la nebbia e illuminò due cadaveri sanguinosi, avvinti».

A chiusura del testo, Stella aggiunge l’elenco degli scritti e delle opere dell’autrice, una ricca bibliografia e preziose note che aiutano lettrici e lettori a comprendere meglio il percorso di vita e il pensiero di Clelia Romano Pellicano.

Luciana Grillo - l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)


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