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Storie di donne, letteratura di genere/ 236 – Di Luciana Grillo

Erika Maderna: «Per virtù d’erbe e d’incanti - La medicina delle streghe» – Le immagini, da sole, rendono davvero unico questo ultimo pregevole lavoro dell'autrice

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Titolo: Per virtù d'erbe e d'incanti.
            La medicina delle streghe
 
Autrice: Erika Maderna
Editore: Aboca Edizioni 2018
 
Pagine: 158, illustrate, Brossura
Prezzo di copertina: € 19,50
 
Già per due volte ho letto e recensito gli scritti di Erika Maderna in questa rubrica, Medichesse e Le mani degli dei, ed ora mi trovo davanti alle streghe, alle sante, ai processi, al confronto tra medicina ufficiale e medicina empirica, al contrasto tra – tanto per cambiare – uomini dottori e donne streghe.
Fin dalla premessa, Maderna avvicina la stregoneria alla santità e sottolinea che «sante e streghe condividevano un orizzonte culturale e religioso comune dal quale avevano assorbito principi e mitologie, credenze e superstizioni, riti e sacramenti… Miracoli e incantesimi diventavano la certificazione che categorizzava la donna esaminata fra le schiere di Eva o fra quelle di Maria, naturalmente sotto la giurisdizione di esaminatori uomini, che fossero teologi o inquisitori».
 
Uomini erano naturalmente i dottori, donne le empiriche, medichesse rustiche, ostetriche, conoscitrici di erbe e delle loro proprietà, curatrici domestiche: da ciò deriva una lotta di potere fra paradigmi contrapposti che porta alla persecuzione nei confronti di queste medichesse, diventate «caprio espiatorio della più cruda battaglia ideologica contro le antiche forme della cultura magica».
Da qui alla caccia alle streghe, il passo è breve. Bisogna attendere il secolo dei lumi e lo «spirito di adattamento alla medicina maschile…» perché la persecuzione si plachi.
 
Nella mitologia, le donne-streghe-medichesse sono presenti in buon numero e tutte presenti nelle opere dei grandi della letteratura, da Virgilio, Orazio e Ovidio a Lucano, Apuleio e Plinio che citano Medea, Fedra, Circe.
Altri autori latini, come Ammiano Marcellino e Tito Livio, hanno raccontato l’espulsione di indovini e maghi, prodotta da «una guerra ideologica contro le dottrine e le arti occulte, osteggiate come strumenti sovversivi dell’ordine dello stato. La cultura magica era percepita come un’intrusione straniera, barbara: nella prima fase repubblicana era biasimata come importazione etrusca o marsica, in seguito come pericolosa invasione orientale; sempre e comunque come una minaccia per l’integrità del “mos maiorum”, il sistema di valori civili e morali», prevalentemente di competenza femminile, come è confermato da Catone il Censore secondo il quale «non esisteva adultera che non fosse anche avvelenatrice, assimilando il veneficio ad altri vizi ritenuti tipicamente muliebri» e da Plinio secondo cui «l’esercizio della magia erboristica (è) il solo tipo di conoscenza in cui le donne eccellono.»
 
Con l’avvento del Cristianesimo, i rapporti si complicano perché ai disegni di un padre giusto e buono si contrappone la capacità umana di influenzare gli eventi mentre la stregoneria viene assimilata all’eresia.
E le donne streghe e dunque eretiche diventano le protagoniste delle persecuzioni. Tertulliano non esita a definire la donna «fonte di tentazione, motivo di perdizione per il maschio, specchio di tutti i vizi… porta del demonio».
Eppure le donne conoscono semplicemente le qualità delle erbe che venivano raccolte quasi accompagnate da una liturgia perché fossero foriere di guarigione e vita.
Perciò, nonostante cristianesimo e persecuzioni, Maderna mette in luce una evidente continuità tra tradizione pagana ed eredità del mondo rurale e riconosce ai testi di Trotula de Ruggiero validità indiscussa fino al ’700.
 
Il testo si avvia alla conclusione presentando un elenco di streghe curatrici, di cui Maderna racconta le vicende: incontriamo così Gabrina, «moglie infedele, avvelenatrice, lussuriosa» che strega l’Ariosto e che probabilmente, vissuta a Ferrara nella seconda metà del ’300, fu processata a Reggio Emilia.
Poi è la volta di Benvegnuda Pincinella, di Bellezza Orsini, una vedova processata nel 1528, di Elena la draga, capace di guarire le infermità semplicemente toccando gli abiti di un ammalato, dell’ostetrica Clara, capace di parlare con le erbe, della vedova Gostanza, filatrice e levatrice, riconosciuta ufficialmente «fuora di cervello».
 
A conclusione, un magnifico erbario ci ricorda non soltanto le proprietà delle erbe, ma anche le belle pagine ad esse dedicate da Teocrito, Virgilio, Apuleio.
Da sottolineare, come sempre fa Aboca editore, la ricchezza e la bellezza delle immagini numerose che rendono davvero unico questo ultimo pregevole lavoro di Erika Maderna.
 
Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto.it
(Precedenti recensioni)

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