Home | Rubriche | Parliamone | Le città imperiali del Marocco/ 2 – Di Nadia Clementi

Le città imperiali del Marocco/ 2 – Di Nadia Clementi

Seconda e ultima puntata di un viaggio da Mille e una notte: da Fes al deserto del Sahara, da Tinghir alla città di Marrakech

image

La città di Fes.
La prima puntata a questo link.

 Quarta tappa: Fes, la città nella città  
Fes è caratterizzata dalla sua immensa medina, la più antica e la più grande del mondo islamico. Un labirinto incredibile e caotico composto da 9.000 vicoli ciechi, stradine, fontane, negozietti, bancarelle, in cui è molto difficile orientarsi.
L’aria che si respira è confusa di strani odori e guardandosi intorno, non si comprende in che anno o in che secolo ci si trovi.
Può sembrare assurdo ma solo la presenza di qualche cellulare ci riporta al XXI secolo. L’impressione è quella di essere tornati nel medioevo: botteghe minuscole pieni di polli che razzolano dietro il bancone e attendono di essere uccisi e venduti, dai soffitti penzolano macabre zampe di mucche e teste di cammello, nei vicoletti rimbomba l’assordante rumore degli scalpellini che incidono le lapidi funerarie, altri battono rame e ottone per farne bacili.
Passeggiando tra una strettoia e l’altra si incrociano asini con carretti, ambulanti che vendono tappeti, spezie, specchi, ciabatte, e un’infinità di cianfrusaglie.
Le vie sono stracolme di gente e nei piccoli bar c’è spazio solo per un unico tavolino, tutto ci riporta a un’età che credevamo scomparsa per sempre, e che invece qui conserva il suo volto più autentico e genuino. Visto il contesto è consigliata la visita guidata.
 

La medina.
 
La città di Fes è divisa in due: la Medina (Fes el-Bali) e la Ville Nouvelle.
La Ville Nouvelle fu costruita dai francesi ed è caratterizzata da ampi e larghi viali dal punto di vista turistico offre soprattutto locali, ristoranti e hotel, in cui si respira un’aria più occidentale.
Decisamente più interessante è la Fes el-Bali, che custodisce alcuni tesori come la Moschea Kairaouine e la Madrasa di Bou Inania, una ex scuola islamica ristrutturata nel XVIII secolo e la madrasa Al-Attarine cui nome significa «la scuola dei profumieri», costruita nel XIV secolo, i punti interessanti di questi edifici sono i cortili, i pavimenti e le pareti squisitamente decorate con i motivi tradizionali dell’artigianato marinide.
 

Madras ex scuola coranica.
 
Al centro della Medina si trovano le famose Concerie Chaouwara, costituite da enormi vasche in pietra, poste le une accanto alle altre, colme di pigmenti, all’interno delle quali vengono immerse le pelli di animali tipici del Marocco come capre, pecore, vacche o cammelli.
Le tecniche di lavorazione delle pelli, che si vedono stese ad asciugare un po’ ovunque sui terrazzi circostanti, risalgono ad oltre 1.000 anni fa e vengono tramandate di generazione in generazione da decine di operai che vi lavorano ogni giorno.
Prima di arrivare alla tintura, ottenuta con elementi naturali come zafferano, papavero, indaco o menta, a seconda del colore che si vuole conferire, le pelli devono subire dei trattamenti a base di urina di vacca, sterco di piccione, acqua, sale e calce, necessari per eliminare odori e tracce di grasso animale.
Proprio per gli elementi utilizzati per la lavorazione, l’aria che si respira è di un odore molto forte, nauseante e vomitevole. Per sopportare il tanfo viene consegnato prima della visita un rametto di menta da porre sotto il naso.
L’ingresso alla conceria è permesso solo tramite un accompagnatore. La visita guidata si volge sulle terrazze dei tetti, per una visione dall’alto del processo della concia.
 
 
Concerie.
 
In Marocco esistono diverse industrie che conciano il cuoio marocchino ma le concerie di Fes sono le più antiche del mondo e sono così preziose da essere state classificate come Patrimonio Mondiale dall’Unesco.
Meno turistico è il quartiere Fes el-Jdid, il cui nome significa città nuova da qui si può vedere l’esterno del Palazzo Reale (Dar el-Makhzen), la bella Mellah.
Più interessante è il museo di Nejjarine, (caravanserraglio restaurato) e il quartiere ebraico che fa credere di essere stati magicamente catapultati in Spagna, a causa dei suoi balconi in stile andaluso.
 

Il museo di Nejjarine.
 
Fes, è indubbiamente una città affascinante, caotica, ricca di sorprese anche se si avverte la sensazione di essere fin troppo osservati da sguardi di gente curiosa che cerca l’attenzione del turista.
Proseguiamo il nostro viaggio verso la cittadina di Ifrane costruita dai francesi nel 1930 con l’intenzione di farne una località di villeggiatura montana.
Oltrepassando la catena del medio Atlante troviamo anche Azrou una piccola cittadina berbera circondata da foresti e pini cedri.
 

Il parco Azrou con le scimmie.
 
 Quinta tappa: il parco nazionale di Azrou con le sue scimmie  
Lasciata la magica Fes ci siamo diretti verso sud, per valicare la catena montuosa dell’Atlante. Dopo le prime salite ci siamo stupiti di come il paesaggio cambi, i pendii si fanno più verdeggianti, nei prati si vedono cavalli al pascolo e i paesi qui in alta quota ricordano vagamente i paesini svizzeri delle Alpi.
In alcune di queste località, come Azrou e Ifrane, in inverno nevica e si possono trovare anche delle piste da sci.
Dopo un paio di ore di auto attraverso la provincia di Ifrane, incrociamo il Moudmame, il parco naturale di Azrou popolato da scimmie libere nel loro habitat naturale.
Qui le bertucce accolgono con entusiasmo i visitatori per farsi fotografare in cambio di noccioline. In questo parco è anche possibile sostare nelle tante aree attrezzate prestando attenzione agli animali selvatici che non sempre sono accettano pacificamente l’invasione dell’uomo.


La preghiera nel deserto Sahara.
 
 Sesta tappa: Erfoud/Merzouga/dune di Erg Chebbi alla scoperta nel magico deserto del Sahara  
Il viaggio continua in una lunga escursione di scenari naturalistici in direzione Erfoud per poi proseguire con mezzi 4x4 in direzione Merzouga, un piccolo villaggio ad appena 20 chilometri dal confine Algerino chiamata la porta del deserto del Sahara.
In passato è stata un’importante oasi oggi richiama turisti da tutto il mondo attratti dalle spettacolari dune di Erg Chebbi che fanno parte del deserto più grande del mondo, il Sahara.
Un paesaggio magico che cambia colore durante il giorno passando dal rosa all’oro al rosso.
 
Arriviamo al campo tendato, un lunghissimo tappeto rosso ci dà il benvenuto, con al lato delle bellissime lanterne decorate. L'impatto visivo è notevole, tappeti, tappeti e ancora tappeti, ovunque, sia nell'area comune d’ingresso, sia nella tenda ristorante che in quella assegnata.
Siamo accolti da un tuareg, uomo berbero, con una lunga tunica blu e turbante, che ci offre dell’ottimo the alla menta e delle noccioline salate.
La magia del posto prevale al caldo intenso che ci avvolge. A luglio le temperature sono elevate (40/50°) e la tanto attesa escursione termica della notte non si è per nulla fatta sentire.


Il campo tendato
 
Dormire in tenda berbera è un’esperienza indimenticabile. Le tende sono alte come delle piccole stanzette, sono fornite di bagno con doccia, non si dorme per terra ma su comodi letti, singoli o matrimoniali completi di lenzuola, coperte e asciugamani.
Un vero lusso considerando che si è in mezzo al deserto. I pasti abbondano di piatti tipici e l’ambiente a tarda sera è rallegrato da canti e balli popolari.
Una delle attività che viene proposta a Merzouga è la Camel Ride, l’escursione in groppa ad un dromedario.
In genere la cammellata parte poco prima dell’orario tramonto, in questo modo si può assistere al sole che sparisce come inghiottito dalle dune e non si patisce il calco torrido tipico della mattina o del primo pomeriggio.
L’escursione dura circa un’ora e mezza con sosta in cima alle dune, il punto panoramico che permette di fotografare il tramonto, immergersi totalmente nella sabbia e fare sandboarding sulle dune.


La camel ride.

La Camel Ride è indubbiamente una trovata molto turistica ma allo stesso tempo è un ottimo modo per entrare in contatto con la cultura del deserto.
Passeggiare sul dorso di cammello permette di entrare in questo mondo incantato di sabbia gialla dove l’unico rumore è il sibilo del vento, la vera voce del deserto.
La sensazione è quella di essere stati catapultati anni luce lontano dal mondo tangibile, in una dimensione parallela, come sospesi tra sogno e realtà.
Il deserto è poesia pura è impossibile non rimanere estasiati di fronte a questo incanto.
 

Sulle dune del deserto.

Il tramonto ci lascia senza parole così come i piedi nudi nella sabbia in una notte stellata. Il deserto è un micro mondo difficilissimo da raccontare a parole, ma facilissimo da far riemergere a sensazioni.
Questa è una di quelle esperienze uniche che vanno vissute almeno una volta nella vita!


Tinghir.
 
 Settima tappa: Erfoud/Todra/Ouarzazate/Ait Ben Haddou  
Partiamo al mattino presto in direzione est per Erfoud, capitale dei datteri, con le sue viuzze tracciate ad angolo retto.
In direzione ovest si arriva a Tinghir, un piccolo villaggio abitato da tribù berbere situato in una splendida oasi tra due catene montuose dell’Alto e il Piccolo Atlante.
Tinghir è la base di partenza ideale per visitare le gole del Todra, le cui pareti possono raggiungere i 300 metri di altezza.
Le Toudra Gorges, sono delle gole create da una faglia naturale profonda 300 metri. Facciamo una breve passeggiata a piedi nel cuore della gola, la strada è molto trafficata e nel torrente soggiornano migliaia di persone con sedie e straio nel torrente in cerca di refrigerio. Il tutto in un frullato di smog, immondizia e natura.


Bagnanti nelle gole del torrente Tomba.

Proseguiamo verso sud in direzione Ouarzazate, uno dei punti di partenza privilegiati per andare alla scoperta delle 1000 kasbah, cittadelle berbere costruite in argilla compattata (terra cruda), semplici e al tempo stesso sontuosamente decorate con motivi geometrici.
Poco distante dal centro di Ouarzazate si trova la più importante attrazione cittadina, la Kasbah di Taourirt un vero e proprio gioiello dichiarato Patrimonio mondiale dall’Unesco.
La kasbah si divide in due parti: una, con accesso libero dove vive la gente del posto e un’altra a pagamento. La visita comprende l’accesso alla parte più restaurata dell'antico palazzo di fango perfettamente conservato.


Kasbah Taorirt.

Il giro all’interno della Kasbah di Taourirt è davvero molto suggestivo, si costeggiano le antiche mura con le torri di argilla e si ammirano scene di vita quotidiana, con le donne che lavano i panni all'aperto, le abitazioni che sembrano ferme ad un secolo fa, senza luce né acqua corrente.
Entrando poi nella parte restaurata, si resta impressionati dalla bellezza delle costruzioni perfettamente intatte di argilla, con le torri merlate che contrastano con la limpidezza del cielo. Anche l'interno di questa kasbah sembra uno stretto labirinto pieno di stanze, corridoi e scalinate. Semplicemente un tuffo nel medioevo!!
Nel proseguire attraversiamo la «Valle delle Rose». La località è famosa per la produzione dell’acqua di rose, un prodotto di bellezza molto diffuso che viene usato anche come medicinale.
 

Aït-Ben-Haddou.
 
Dopo un paio d’ore d’auto passate ad attraversare le oasi arriviamo ad Aït-Ben-Haddou una storica ksar in mattoni rossi dichiarata nel 1987 Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.
Originariamente la ksar, era un tipico villaggio fortificato berbero, composto generalmente da granai e da abitazioni cinti da un muro con quattro torri e una sola entrata per proteggersi da attacchi da parte di tribù nomadi.
Oggi, grazie ai finanziamenti delle produzioni cinematografiche hollywoodiane, Aït-Ben-Haddou, è tuttora in ottimo stato. Da anni è un importante set cinematografico qui sono state girate alcune scene del Gladiatore, la Mummia e di Games of Thrones.
 
Riprendiamo la guida verso l’ultima tappa del nostro viaggio, infatti, ci aspettano almeno quattro ore di guida per raggiungere Marrakech.



 Ottava s ultima tappa: Marrakech, la città rossa dai mille volti  
Dopo circa 1.400 km siamo giunti alla nostra destinazione finale, la tanto attesa Marrakech «la città rossa» situata nella parte occidentale del paese, fondata nel 1962 dal sultano Youssef Bin Tachfin.
È mattino e fa già molto caldo, iniziamo con la visita ai giardini di Manara, furono creati nel 1870, e caratterizzati dall’antico stagno almohade usato in passato come serbatoio di acqua irrigua per le colture.
L’edificio centrale, che presiede un piccolo laghetto, fu commissionato dal sultano Sidi Mohammed e si dice che, in passato, fu il luogo degli incontri amorosi dei sultani.
Oggi i giardini sono principalmente un punto di refrigerio nelle giornate calde e un luogo per fuggire dal caos della città.
 

Giardini Manara.
 
La temperatura raggiunge i 50°, cerchiamo il fresco nel palazzo di Dar Si Sald l'elegante dimora ottocentesca del fratello di un Visir, oggi Museo delle Arti Marocchine. Rimaniamo incantanti da tanta oggettistica ma in particolare dalla lavorazione minuziosa dei tappeti berberi.
La visita impone l’obbligo della mascherina, per un attimo ci siamo resi conto che il covid non è storia di altri tempi.
 

Palazzo El Badi.
 
A seguire ci dirigiamo alla scoperta del Palais El Badi, il palazzo costruito nel XIX secolo per volere del sultano Ahmed el-Mansour, dove è custodito il Minbar, pulpito della moschea Kontoubia edificata nel XII secolo.
Negli 8 ettari d’estensione del palazzo ci sono 150 stanze che si affacciano su differenti cortili e giardini. L’architettura di questo palazzo è a dir poco mozzafiato: le pareti in tadelakt si combinano perfettamente con i soffitti in legno di cedro dipinti a colori vivaci, con i bellissimi pavimenti in zellige (piastrelle marocchine), le fontane interne e gli archi che fanno entrare moltissima luce.
La parte più interessante del Palazzo El Bahía è l’harem delle 4 spose e delle 24 concubine di Abu Bou Ahmed.
Una curiosità: il nome del palazzo significa il bello o la bella.
Ci sono varie teorie sulle ragioni per cui gli venne assegnato questo nome; per molti, la bella era per la moglie preferita dal visir.
 

Medina.
 
Uscendo dal palazzo iniziamo a passeggiare nell'immenso fascino della sua medina: un dedalo di edifici, di colori e odori, nel quale è inevitabile (e allo stesso tempo bello) perdersi.
Sotto un tetto di canne di bambù, un'infilata di botteghe coloratissime si dipana nei vicoli, venditori mostrano tessuti, babbucce, teiere, oggetti in legno, gioielli d'argento, bicchierini di vetro, gabbie con uccellini e tartarughe.
Camminando si incrociano asini, biciclette, ambulanti e scooter che sfrecciano a tutta velocità, è il caos nel caos. La città vecchia, cattura con i suoi raggi di luce, le musiche, le grida e gli odori delle spezie.
 

Piazza El Fna.

Arriviamo a Piazza Djemaa El Fna è il suo cuore pulsante della città, dove ci aspetta un enorme palcoscenico in cui si esibiscono cartomanti, erboristi, donne berbere che disegnano tatuaggi con l'henné, incantatori di serpenti, carrozze, musicisti di melodie gnaoua, scimmie al guinzaglio un circo nel circo!
Fuori le mura si estende Gueliz, la città nuova, progettata a inizio Novecento con grandi boulevard e ampi giardini, contrappunto arioso e ordinato ma inevitabilmente meno affascinante.
Un'oasi chic è il Jardin Majorelle, fondato da un pittore e poi acquistato e riadattato da Yves Saint Laurent e il suo compagno Pierre Berger.
Qui è un tripudio di ceramiche blu elettrico e giallo canarino circondano cactus, ninfee, bambù, bouganville e spezie di cinque continenti.
 

Cena al riad.
 
È sera, ci rechiamo ristorante tipico marocchino «Dar Essalam» per l’ultima cena. Rimaniamo incantati dalla bellezza e raffinatezza dei particolari del Palazzo. Al centro della sala una fontana di petali di rose rosse, circondata da piccole lanterne si plasma in un’atmosfera quasi fiabesca. La serata è stata animata da musica e balli popolari.
Come ultimo suggerimento in merito alla sicurezza a Marrakech. Quello che può spaventare noi Europei è la folla, la confusione, il traffico; tutto questo può darci una sensazione di insicurezza e magari ci fa temere il peggio.
Questa sensazione si accentua la sera in vicoli molto poco illuminati e tutte le ombre ci incutono paura.
Èbuona prassi farsi sempre accompagnare da qualcuno di fiducia del posto.
Il nostro viaggio è terminato, l’indomani ci aspetta il volo del rientro, non prima di salutare e ringraziare Khalid, la nostra guida, che con grande disponibilità e professionalità ci ha resi partecipi della sua terra.
 
 
 
Un viaggio in Marocco è un'esperienza che arricchisce, un modo per uscire dalla propria zona di comfort e dai propri schemi.
In Marocco non ci si rilassa, non c'è tempo, c'è così tanto da scoprire ed imparare.
La cultura arabo-berbera affascina in modo incredibile con le sue città imperiali ed accoglie anche là dove incombe il deserto con piccoli villaggi rurali.
Difficile trovare un luogo tanto vicino a noi e alla nostra Europa, eppure così diverso sotto ogni punto di vista.

Nadia Clementi - n.clementi@ladigetto.it


Condividi con: Post on Facebook Facebook Twitter Twitter

Subscribe to comments feed Commenti (0 inviato)

totale: | visualizzati:

Invia il tuo commento comment

Inserisci il codice che vedi sull' immagine:

  • Invia ad un amico Invia ad un amico
  • print Versione stampabile
  • Plain text Versione solo testo

Pensieri, parole, arte

di Daniela Larentis

Parliamone

di Nadia Clementi

Musica e spettacoli

di Sandra Matuella

Psiche e dintorni

di Giuseppe Maiolo

Da una foto una storia

di Maurizio Panizza

Letteratura di genere

di Luciana Grillo

Scenari

di Daniele Bornancin

Dialetto e Tradizione

di Cornelio Galas

Orto e giardino

di Davide Brugna

Gourmet

di Giuseppe Casagrande

Cartoline

di Bruno Lucchi

L'Autonomia ieri e oggi

di Mauro Marcantoni

I miei cammini

di Elena Casagrande