Trento, festeggiati al Sociale i primi 150 anni del Tambosi

È stata una piacevole serata, che forse doveva essere integrata con un po’ di storia recente

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Prima di pubblicare un servizio sui «primi 150 anni dell’Istituto Tambosi», abbiamo voluto attendere l’uscita degli altri giornali, in quanto noi siamo parte coinvolta direttamente.
E diciamo subito che l’articolo de «Il Corriere del Trentino» ci ha fatto molto piacere, perché comincia così:
«Tutto il teatro scoppia ridere quando, alla fine della serata, salgono sul palco Mauro Finotti e Guido de Mozzi, ex compagni di banco abbonati all'8 in condotta - separati dai professori perché troppo vivaci - infine felicemente diplomati nel fatidico 1968.»
Il 1968 è stato l’ultimo anno con la maturità che prevedeva 17 esami… E la notte prima degli esami, cosa facevamo? Studiavamo! Non c'erano alternative.
Io e Mauro abbiamo raccontato degli aneddoti che hanno fatto ridere i presenti, almeno quanto allora hanno fatto andare in bestia i professori.
Ne abbiamo riportati alcuni nel nostro articolo di prresentazione a questo link.

 
La serata è stata piacevole ma, tenendo conto che erano presenti dei matusa come noi, forse potevano documentare meglio quanto accadde negli anni Sessanta. I nostri anni.
Anzitutto va precisato perché allora i più andavano al Tambosi. A Trento non c’era l’Università e pertanto andavano al liceo solo quelli che avevano una famiglia che poteva mantenere i propri figli in un’altra città.
Poi, naturalmente, i genitori che - a ragione o a torto - non credevano che i propri figli fossero delle «cime», preferivano dare loro un futuro lavorativo con un diploma importante. E allora diventare ragionieri al Tambosi assicurava un lavoro sicuro e gratificante.
 
Ma in quegli anni che si conclusero con il 68, il mondo studentesco era in ebollizione. La nostra generazione stava per dire basta a coloro che ci avevano preceduti. Dopo 50 anni di guerre, i nostri genitori erano giustamente più che timorati di Dio, ma noi avevamo deciso di porre la parola fine a quel clima post fascista, post bellico, quasi rassegnato.
Per questo gli studenti del Tambosi costituirono l’OSIT, Organizzazione Studentesca Istituto Tambosi, dove si affrontavano i problemi della vita, quella che ci attendeva dopo il diploma.
Si svolgevano regolari votazioni per eleggere i vertici dell’Osit e, onestamente, venivano eletti i migliori. Alle opposizioni, quelle che avevano perso le elezioni dell’Osit, veniva affidata la gestione del nostro giornale, il TAM-TAMB. Il quale per prima cosa pubblicava il bilancio dell’Osit.
Era democrazia.

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Fu l’Osit che organizzò i soccorsi agli alluvionati del 1966. Tutti gli studenti di Trento aderirono. Fummo definiti gli «angeli del fango». Ci vennero le vesciche alle mani e io, che ero l’unico a essersi portato dietro il pronto soccorso, li ho dovuti curare a fine di ogni giornata.
Ed era sempre l’Osit che organizzava ogni anno la raccolta di fondi da destinare ai bisognosi. E le classi che portavano più quattrini venivano premiate alla «Stella della Bontà», una grande serata al teatro Sociale con spettacoli straordinari, presentata da Giacomo Santini, che col microfono ci sapeva già fare.
 
E fu sempre l’Osit che organizzava le varie dimostrazioni di piazza, man mano che si avvicinava il 68. 
Le nostre manifestazioni iniziavano la mattina e si concludevano sempre entro le 10.
Perché dimostravamo? Forse i ragazzi di oggi non lo sanno, ma in quel periodo avvennero 350 attentati in Alto Adige per la secessione dal Trentino, con un bilancio complessivo di 17 vittime.
Ad ogni vittima scendevamo in piazza per dire basta.
Dimostrammo anche il giorno dell’assassinio di Kennedy, perché ci sembrava che lui, Papa Giovanni e Krusciov stessero per portare il mondo verso la pace.
 
Insomma, forse era il caso di ricordare un po’ questi aspetti. 
Giacomo Santini salì sul palco del Sociale alla fine per ricordare proprio questi aspetti di quel periodo del Tambosi.
Lo ringraziamo, sperando che quello che ha detto sia stato recepito dai ragazzi di oggi.
La nostra impressione, tuttavia, è che il senso civico degli studenti oggi sia stato trasferito agli universitari.
 
Guido de Mozzi