La Protonterapia? Un altro centro di eccellenza del Trentino

Certamente oggi non sarebbe stato messo in cantiere. Ma fortunatamente c'è e può divenire uno dei grandi fattori di sviluppo del territorio, come il Mart e il Muse

Il dibattito che si è acceso attorno al centro di Protonterapia del Trentino merita un discorso anche da parte nostra, perché – al di là delle mosse politiche che richiama – si tratta di un progetto strategico per il Trentino.
Quando nel maggio dello scorso anno il centro venne visitato dall’allora Ministro alla Salute Renato Balduzzi, riuscimmo a scambiare in tutta riservatezza due parole con il direttore dell’Azienda sanitaria del trentino Luciano Flor.
«Un progetto fantastico, – gli avevamo detto. – Ma se si fosse partiti oggi, in piena crisi, pensa che sarebbe stato messo in cantiere?»
«Ha una domanda di riserva?» – Ci aveva risposto. Insomma, era evidente che no.
Il servizio è tuttora disponibile tramite questo link.
Ma adesso il centro c’è e vediamo di giocarlo come si deve.
 
Il Trentino ha sempre avuto delle avanguardie di questo genere, anche se forse la gente non le ricorda. Negli anni ’50 all’ospedale di Borgo venne impiantato l’avveniristico sistema di cura al Cobalto. Il sistema oggi verrebbe considerato piuttosto grossolano, ma era un po’ il nonno (o meglio il bisnonno) della odierna Protonterapia, perché prevedeva il bombardamento di radiazioni sulle cellule malate.
L’applicazione comportava un sacco di problemi, ma rappresentava l’ultima spiaggia per molti malati di cancro di allora, quando veniva chiamato «male incurabile». Oggi non è più incurabile, soprattutto grazie alla prevenzione, ma anche le cure si sono notevolmente raffinate e funzionano in buona parte dei casi.
Oggi la Protonterapia funziona alla stessa maniera, solo che l’utilizzo dei protoni consente di colpire in maniera molto più mirata le cellule morte senza intaccare quelle sane.
È talmente affinato che viene utilizzato soprattutto per i tumori nei bambini, dove è imprudente applicare cure troppo invasive. Ma il principio vale per tutte le persone.
Questo il principio. Gli scienziati non ce ne vogliano se siamo stati un po’ troppo vaghi, ma prossimamente provvederemo a svolgere una delle nostre inchieste più complete.
 
Si deve sapere che un centro come quello che è appena stato completato a Trento è piuttosto raro.
Gli Usa, che hanno imboccato per primi la strada della terapia con protoni che, ha due centri, uno sulla costa atlantica, uno sulla costa pacifica.
In Europa abbiamo visto nascere le prime strutture ospedaliere a Nizza, a Uppsala (Svezia) e Clatterbridge (Regno Unito) Altri centri sono stati attivati all'interno di laboratori di fisica in Francia, Germania e Svizzera, ma anche l’Italia è all'avanguardia in questo settore e, là dove funziona, i risultati sono incoraggianti, perché  nel 95% dei casi è stato raggiunto il controllo della malattia.
I centri attivi sono in Sicilia, a Pavia e - a breve appunto - anche a Trento.
 
A questo punto, il progetto della Protonterapia in Trentino va visto su scala europea.
Se è vero che può servire un’area così vasta di utenti (vedi USA), il centro va pubblicizzato come l’evento più importante della medicina degli ultimi anni.
Di qui la nostra considerazione.
Si tratta di un progetto paragonabile, per forza e dimensione, per impegno e qualità, per immagine e interesse, di livello paragonabile a quelli di eccellenza del Mart di Rovereto e del Muse di Trento.
Non è certo piacevole parlare di turismo sanitario, ma è inevitabile che con un prodotto del genere ci saranno centinaia di persone che penseranno a Trento come centro per curare la propria neoplasia.
Insomma, il centro è destinato a divenire uno dei poli della massima attrattività del Trentino. Forse più del Mart e più del Muse, che già stanno attirando turisti in maniera insperata dai più critici.
Ricordiamolo, insieme al principio che piuttosto che criticare le cose fatte andrebbero criticate quelle non fatte.
 
G. de Mozzi