El Camino de la Vera Cruz/ 2 – Di Elena Casagrande
Dopo Tudela salutiamo la nobile Navarra, con le sue tradizioni e la sua arte ed entriamo in Aragona, terra fiera ed aspra, dalla via verde di Tarazona

Tudela vista dal fiume Ebro.
Link alla puntata precedente.
«Los toros» (i tori) vanno alla grande in tutta la Navarra e non solo a Pamplona
Usciamo
dall’hotel diretti a Villafranca. Il ponte stradale per attraversare il
fiume Aragón è troppo pericoloso per i pedoni. Un signore che ci vede
indecisi ci suggerisce di salire sul ponte ferroviario, dalla rampa. Ha
ragione: lungo i binari c’è una specie di marciapiede.
Per noi è
manna dal cielo! Riagganciata la strada prendiamo la ciclabile per il
paese. Sbuchiamo alle scuole, colorate da enormi murales. Anche gli
alberi sono decorati da ragnatele variopinte fatte all’uncinetto. Poster
di concerti e di corride penzolano dalle bacheche. Teo stacca «el
cartel» (manifesto) della corrida di Tudela, tanto oramai la fiesta è
finita e va buttato. Tra i «matadores» (toreri) figura anche Cayetano
Rivera Ordóñez, ex modello Armani.
«Per te, che sei l’appassionata» – mi dice Teo, porgendomi il «cartel».
I lavori sul GR 99.
Castejón si sviluppò all’inizio del XIX secolo grazie alla ferrovia
Lasciamo Villafranca su stradine bianche che si snodano tra le coltivazioni di mais.
Alla
«desembocadura» (confluenza) del fiume Aragón nel fiume Ebro il GR 99 è
chiuso per lavori. L’operaio che lo sta spianando ci trova un varco,
lungo il canale irriguo di un campo di pere. Scende dal mezzo e mi dà la
mano perché non scivoli. Già che ci sono facciamo quattro chiacchiere.
Dopo 5 km finalmente si vede Castejón. Il termometro, in città, segna 40
gradi. L’odore pungente della catramina che impregna l’aria è quasi
insopportabile, come la puzza dei fumi delle fabbriche termoelettriche
accanto al fiume. Ho voglia solo di rifrescarmi, bere e riposare. Per
cena mi accontenterei di un’insalata, ma nell’unico posto che troviamo
hanno solo «hamburguesas» (burger).
«Y sin ensalada» (e senza insalata) – precisa il barista.
Il treno è protagonista a Castejón.
Quest’anno la Spagna è invasa dalle «mosche nere» e lungo l’Ebro sono micidiali
Un’alba rosa e gli olmi mossi dal vento, lungo l’Ebro, mi riconciliano col cammino.
Peccato
solo per «las moscas negras» (mosche nere, simulidi). Neanche il tempo
di spruzzarci l’«antimosquitos» (antizanzare) e di appiccicare sulla
maglietta i cerotti alla citronella, che veniamo mangiati vivi. Teo
arriva a contare 40 punture sanguinanti.
Se le fotografa, ad
imperitura memoria. Io, invece, per paura, non oso neppure guardarmi.
Cerchiamo di camminare veloci per 25 km, lungo uno sterrato
interminabile, con solo 2 lattine di coca-cola nello zaino. Ce le
scoliamo seduti su due massi accanto al Rio Lima, ma una bomba d’acqua
ci fa rialzare di botto. La morale è sempre la stessa: in cammino niente
tregua! Per fortuna, però, il sole ritorna sempre.
Il Cammino Naturale dell’Ebro.
Dal ponte sul fiume la città di Tudela è semplicemente splendida
Costeggiando le risaie, i meleti ed i pereti della «Ribera» (riviera) arriviamo a Tudela.
Dal
ponte sul fiume la vista della città è meravigliosa. In un ristorantino
nella Piazza de los Fueros finalmente posso mangiarmi un’insalata!
Prima di andare al collaudato hotel «Remigio», prenotiamo la visita al
Portico della Cattedrale di Santa Maria.
Stavolta lo vedremo
restaurato. Anche se abbiamo ancora lo zaino in spalla facciamo una
sosta davanti alla Puerta del Juicio (Porta del Giudizio). Da 800 anni
questi 150 bassorilievi in pietra, un tempo dipinti in tinte vivaci,
insegnano che se si pecca si va all’inferno, indipendentemente dal ceto e
dal censo.
«Già che ci siamo corro in farmacia. Ci serve un potente
repellente» – dico a Teo, mentre lui va a cercare un barbiere per una
sistematina ai capelli.
Davanti alla Porta del Giudizio della Cattedrale di Tudela.
Salutiamo la Navarra dopo la bella accoglienza al Monastero cistercense di Tulebras
Stamane ci tocca la via verde Tudela – Tarazona, una ex ferrovia trasformata in ciclabile.
Le
piccole stazioni, come quelle di Murchante e di Cascante, oggi
abbandonate, fanno pensare ad un passato neanche troppo lontano. In zona
aveva sede l’XI mansio dell’Itinerario Ispanico di Plinio il Vecchio.
Lo testimoniano i resti delle terme romane ed i toponimi delle vie
Tiberio - César e Vía Romana di Cascante. Una cicogna, ritta su una
ciminiera, ci osserva dall’alto. Dei ragazzetti scorrazzano coi quad e
noi mangiamo polvere. Al monastero di Santa Maria della Carità di
Tulebras, il più antico monastero cistercense femminile di Spagna, c’è
la Messa. Ci fermiamo ed è tempo ben speso, anche solo per vedere le
monache, vestite di bianco, pregare nella penombra. Il tempo sembra
fermarsi. Finita la celebrazione l’addetta al negozietto interno ci
timbra le credenziali. Al momento dei saluti insiste per regalarci un
libro sul monastero. Teo prova a dire che è pesante, ma senza successo.
«Troverete a chi darlo!» – la sua riposta.
I
Teo lungo la via verde da Tudela a Tarazona.
Tarazona è il degno biglietto da visita dell’Aragona, miscuglio di genti e culture
Ai
tavolini all’aperto del Caffè di Tulebras i ciclisti fanno colazione
con pane, pomodoro e «botifarra negra» (sanguinaccio). Un cartello
indica il Cammino Antonino o El Camino del Agua Soriano da Tudela a
Soria. Noi torniamo sulla via verde. Poco dopo entriamo in Aragona. La
città di Tarazona subito ci rapisce per la mescolanza di stili e
culture. Il Palazzo Episcopale e la Chiesa di Santa Maria Maddalena, con
la sua torre in stile «mudéjar» (arabeggiante), si integrano con le
case sospese del quartiere ebraico, a loro volta poco distanti dal
municipio rinascimentale, col celebre fregio del corteo di Carlo V
mentre entra a Bologna per l’incoronazione. La Cattedrale
gotico-rinascimentale, dedicata a Nuestra Señora de la Huerta (Nostra
Signora dell’Orto), è nella parte bassa della città. Stava per crollare,
ma dopo 30 anni di lavori, sono riusciti a salvare il pesantissimo
ciborio a 4 piani (affrescato con grisaglie sullo stile di Pietro
Morone, che all’epoca viveva qui) e tutti gli interni, compreso il
chiostro del XIV secolo. Davanti al suo piazzale faccio l’occhiolino
alla scultura moderna di Santiago Pellegrino.
La vista sul Palazzo Episcopale e sulla Chiesa della Maddalena a Tarazona.
Il complesso del Monastero di Veruela, tra le montagne, lascia senza parole
Per noi, però, non è ancora finita. Abbiamo prenotato una stanza a Vera de Moncayo.
Si
tratta di bruciare poco più di 10 chilometri, per riuscire a dare
almeno un’occhiata al Monastero de la Veruela, l’Escorial di Aragona.
Riusciamo ad entrare nonostante siano quasi le 19. È imponente: tra la
chiesa, i chiostri, il refettorio, la sala capitolare, il museo del
vino, siamo lontani anni luce dalle prime tappe passate nel nulla, tra
«balsas» (depressioni) e «barrancos» (canyon); oggi rischiamo davvero la
sindrome di Stendhal! Alla sua chiusura il paese si svuota
completamente. Mentre mi faccio un bagno, Teo va agli alimentari a fare
scorta di mandorle, bibite e snack. Per la cena ci consigliano di andare
al camping. Il menù, sorprendentemente, è degno di un ristorante:
«codornices en escabeche» (coturnici marinate) e «coulant au chocolat»
(tortino al cioccolato caldo). Dopo le corse di oggi… la giusta
ricompensa!
Il Monastero fortificato di Veruela.
Monte Moncayo, o San Miguel, nel mezzo del Sistema Iberico, ci fa da quinta teatrale
Nel
paese dopo, ad Alcalá de Moncayo, hanno raschiato via gli adesivi del
Cammino dai pali. Che simpatici! Davanti a noi il monte Moncayo: enorme e
solitario qui è ancor oggi una sorte di divinità. I romani lo
chiamavano Mons Caius, ma per la gente del posto è il San Miguel.
Attraversiamo le sue pendici, tra le aquile in cielo e le torri di
guardia sui crinali opposti, fino al Castello di Talamantes. Un tempo in
mano ai templari, passò poi agli ospitalieri di San Giovanni, che
continuarono a vigilare il passaggio.
Alcalá de Moncayo e dietro il San Miguel.
A Talamantes per noi niente ristoro, solo l’acqua della fonte
Scendiamo al villaggio. Mentre Teo va ad ispezionarlo, io me ne sto alla fontana.
Torna poco dopo per dirmi che c’è il bar al circolo pensionati ma che, purtroppo, aprirà solo nel pomeriggio.
«Vedessi.
Sono tutti seduti lì davanti a bere e mangiare, ma non ci daranno nulla
fino all’apertura. Dicono che per noi c’è la acqua della “fuente”
(fonte)…Meglio continuare» – mi dice Teo, sconsolato, mentre, all’Ermita
de San Miguel (Eremo di San Michele), inizia a lavorare in «call».
Indossa gli auricolari e mi fa cenno di salire. Dopo un po’ aziono il
GPS. Qualcosa non mi torna.
Elena Casagrande – e.casagrandeladigetto.it
(La terza puntata sarà pubblicata mercoledì 25 giugno 2025)
Prima di Talamantes.