Storie di donne, letteratura di genere/ 588 – Di Luciana Grillo

René Karabash, «Colei che resta» – Questo romanzo, potente e prepotente ha ricevuto il prestigioso Premio Letterario «Elias Canetti»

Titolo: Colei che resta
Autrice: René Karabash
 
Traduttrice: Giorgia Spadoni
Editore: Bottega Errante Edizioni, 2025

Pagine: 144, Brossura
Prezzo di copertina: € 17

 
Le «montagne maledette» circondano uno sperduto villaggio albanese dove vive una ragazza destinata a sposare un uomo, anche se è segretamente innamorata di una sua coetanea.
Le leggi feroci e inamovibili del Kanun regolano la vita degli abitanti, il valore di una donna si calcola in numero di buoi e le violazioni della legge, come i rapporti controversi fra gli uomini, si risolvono con lo spargimento di sangue.
Dunque, un mondo crudele, ancorato a principi del passato che l’autrice descrive «come fosse un palcoscenico teatrale spoglio e lapidario, mentre la lingua è scarna, le frasi limate fino all’essenza, taglienti nella loro definitività», secondo quanto scrive Elvira Mujcic nella prefazione.
 
Per non sposarsi, Bekià decide di conservare la sua verginità «rinnegando per sempre la donna in me», affermando che «casa è lì dove ti tarpano le ali», che «il metallo più prezioso in Albania è la libertà», paese dove le donne sperano di partorire un figlio maschio per «non umiliare la stirpe», dove le vendette annegano nel sangue ed «è una vergogna morire di malattia»: il kanun è intransigente, il matrimonio si deve fare, non è necessario l’amore, che anzi è considerato una debolezza, è solo una compravendita; per la giovane sposa, lo sposo offrirà venti buoi e un sacco di foraggio per ciascun bue.
«Le leggi del kanun sono di bronzo… sono al di sopra di tutto.»
 
Dunque, Bekià diventa un’«ostajnica», cioè una vergine giurata che assume il nome maschile di Matja.
Sa di portare la sua famiglia al massacro, il fratello riesce a fuggire in Bulgaria, il padre Murrash paga con la vita il rifiuto del matrimonio di Bekià.
Intanto Sali, il fratello, dà sue notizie, in Bulgaria ha cambiato vita, è stato aiutato a realizzarsi, sta imparando il bulgaro e l’inglese… «non riuscivo a credere a tutto quello che mi stava succedendo. Come avevo fatto a meritarmelo? Mi era stato insegnato che non meritavo niente e che ero sempre colpevole per qualcosa…».
 
Bekià-Matja ricorda la sua amica Dana che ogni sera, in estate, le leggeva dei libri nel mulino, Dana che voleva diventare scrittrice, Dana che «era il mio specchio, la mia medicina, la mia salvezza… all’improvviso Dana ha smesso di venire per le vacanze estive, non l’ho più vista», poi una lettera, una partenza per l’Inghilterra… «adesso so fin dove possono condurci la follia del desiderio, la paura della morte, l’odio, l’invidia, la gelosia e ogni altro sentimento in cui non c’è pace».
 
Questo romanzo, potente e prepotente, che racconta la storia di una donna in lotta per la propria identità, è stato tradotto, oltre che in italiano, in inglese, in arabo, in francese, in polacco, in bosniaco e in macedone ed ha ricevuto il prestigioso Premio Letterario Elias Canetti.
 
Luciana Grillo - [email protected]

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