Storie di donne, letteratura di genere/ 589 – Di Luciana Grillo
Erika Maderna, «La memoria nelle mani. Storie, tradizioni e rituali delle levatrici» – Un libro da leggere per conoscere il tema del parto, considerato una volta osceno

Titolo: La memoria nelle mani. Storie, tradizioni e rituali delle levatrici
Autrice: Erika Maderna
Editore: Aboca Edizioni, 2024
Pagine: 208, illustrato, Brossura
Prezzo di copertina: € 26
Ancora una volta Erika Maderna riesce a interessare e stupire chi legge i suoi libri.
Dopo le Medichesse e le Streghe, questa volta ci parla delle Levatrici, protagoniste incontrastate nella cura delle donne che dovevano partorire e inizia citando Euripide che fa dire a Medea: «Dicono poi che viviamo in una casa senza pericoli, / mentre essi combattono in guerra./ Ma ragionano male: io vorrei imbracciare tre volte lo scudo, / piuttosto che partorire una volta sola».
Dunque, «fin dalle più antiche manifestazioni del vivere sociale» sono le donne che non soltanto aiutano le altre donne in momenti complessi come il parto, ma acquisiscono competenze mediche e farmaceutiche, legate ai loro abituali compiti di cura.
Se la maternità era un fatto naturale, la morte di una donna causata dal parto era, ad esempio a Sparta, considerata una morte «bella», grazie alla quale il nome della donna era inciso sulla lapide funeraria.
Maderna racconta le nascite «speciali», attinge a piene mani dalla mitologia classica, cita Atena e Afrodite, generate da un corpo paterno, Aura, di cui la gelosa Artemide vuole ritardare il parto per accrescere le sofferenze e poi ricorda che Socrate si riteneva fortunato ad aver avuto una madre levatrice.
Si avvicina in seguito al Cristianesimo, a Santa Melania che aveva «salvato una donna che agonizzava con un figlio morto nel grembo», a Ildegarda di Bingen che «richiamava la suggestione dell’utero-otre, vaso che deflagra sotto la spinta di una forza eterna».
Al centro del libro, troviamo Trotula De’ Ruggiero, che presso la Scuola Medica Salernitana - caratterizzata da una laicità «che si nutriva dell’incontro fra le tradizioni mediche di provenienza greca, araba ed ebraica» - aveva studiato il mondo delle donne, le loro esigenze e le loro sofferenze, le loro malattie e le erbe che avrebbero potuto guarirle.
Non può mancare, in un testo di questo genere, un capitolo dedicato all’abbinamento levatrice-strega, tema in qualche modo enfatizzato dal «Mallus Maleficarum» o «Martello delle streghe», un manuale di caccia alle streghe pubblicato nella seconda metà del 1400, dove il ruolo dell’ostetrica si sovrappone a quello della strega, anche perché medicina e magia venivano affiancate e confuse.
D’altra parte, già nella letteratura latina si parlava di maneggi misteriosi delle ostretices e in molte tradizioni europee si confondeva la levatrice con le donne che accompagnavano alla morte i malati, li vestivano, recitavano giaculatorie… e nel mondo greco chi aveva assistito una partoriente, era sottoposto alla purificazione delle mani.
Benché però il parto e il corpo delle donne fossero affidati alla cura di altre donne, la letteratura ginecologica è stata per secoli prodotta dagli uomini; il primo testo scritto da una donna è «Sulle malattie delle donne» ed è attribuito a Metrodora di Bisanzio. Siamo nel VI secolo d.C. Non è un’opera teorica, ma piuttosto una raccolta di ricette, di indicazioni sull’uso delle erbe, sia per riparare ai guasti provocati dalle gravidanze che per cosmesi.
Anche alcune pagine di Metrodora sono inserite nel nostro libro, insieme a un ampio apparati iconografico che ci mostra donne gravide, donne che partoriscono, neonati che vengono alla luce e lavatrici che li accolgono.
Insomma, un libro da leggere come un romanzo per conoscere senza reticenze un tema – il parto – considerato una volta osceno.
Luciana Grillo - [email protected]
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