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Nel 1904 Rovereto rifiutò l’Università Italiana offerta da Vienna

Il gran rifiuto, oggi incomprensibile, è codificato in una targa esposta a muro nel Comune di Rovereto

Il problema dell'Università fu per il Trentino uno dei problemi irrisolti e irrisolvibili, finché Bruno Kessler non poté istituirla con legge provinciale, grazie all'Autonomia ottenuta nel Secondo dopoguerra. Prima, i nostri ragazzi per laurearsi dovevano andare in altre città, italiane o austriache che fossero.

Quando il Congresso di Vienna affidò il Lombardo-Veneto all'Impero Asburgico, l'università naturalmente più frequentata dai Trentini divenne Pavia. E tale rimase per mezzo secolo, cioè finché al termine della Seconda Guerra d'Indipendenza (1859) l'Austria non dovette cedere la regione Lombarda al vittorioso e non ancora nato Regno d'Italia. L'università più adatta ai Trentini divenne allora Padova. Tutto bene per qualche anno, cioè fino alla Terza Guerra d'Indipendenza, quando l'Italia perse la guerra contro l'Austria, ma cionondimeno questa dovette cedere il Veneto al quindicenne Regno d'Italia.
A quel punto l'Impero non aveva più un'università italiana entro i propri confini. Chi voleva andare avanti con li studi doveva scegliere tra l'emigrazione in Italia o lo studio in un'università di lingua tedesca. Tanto per fare due illustri esempi, Cesare Battisti studiò a Firenze e Alcide De Gasperi a Vienna.
Ma furono proprio i due illustri concittadini a darsi da fare per ottenere un'università italiana, De Gasperi si rivolse alla Dieta di Vienna e Battisti alla Dieta di Innsbruck, parlamenti dove i due Trentini sarebbero poi stati eletti.

La problematica però si trasformò presto in una discussione politica di primario interesse. A Innsbruck e, con minore antagonismo, a Vienna, non volevano che in una città così piena di pericolosi irredentisti sorgesse anche un'università, notoriamente foriera di insofferenze contro gli ordini costituiti. Il parlamento viennese tuttavia aveva approvato il disegno di un'università italiana, lasciando che poi il Governo decidesse dove costituirla, se a Trento o altrove.
Politicamente parlando, Trieste non era così «pericolosa» come Trento, ma era di una lontananza esagerata sia per chi volesse raggiungerla dall'Italia che da Vienna. L'alternativa era di costituirla a Innsbruck, dove c'era già quella di lingua tedesca. Ma ai primi tentativi, siamo nella primavera del 1904, scoppiarono risse e tumulti tra studenti Tirolesi e Trentini, a dimostrazione che non era possibile un'integrazione tra le due culture.
È di quel periodo l'arresto di Cesare Battisti e di De Gasperi, che restarono nelle carceri di Innsbruck (rigorosamente senza processo) per una trentina di giorni. Secondo gli storici, quello sarebbe stato l'unico momento in cui i due statisti trentini ebbero un tratto di vita in comune.
La città di Trento non rimase indifferente di fronte a tanta brutalità e non mancarono anche proteste ufficiali, che inevitabilmente caddero nel vuoto. Interessante in proposito leggere il verbale del Consiglio comunale di Trento tenutosi a Trento l'8 luglio 1904, convocato d'urgenza dal Podestà Giuseppe Silli con l'unico ordine del giorno «Protesta contro i fatti di Innsbruck».
Nel verbale si legge puntualmente che il consigliere Battisti dott. Cesare, in carcere a Innsbruck, è «assente giustificato».
Ma il Podestà e gli altri consiglieri parlano anche a nome di Battisti, condannando i fatti di Innsbruck senza appello e giungendo all'unanimità ad una serie di proteste ufficiali, autorizzando la giunta a «ad esprimere questi sentimenti» nelle sedi opportune.

Questi i fatti, che vengono riportati dalla storia come momenti di particolare difficoltà nei rapporti fra Trentino e Impero Asburgico, quasi che Vienna avesse voluto in questa maniera opporsi alla crescita culturale del Trentino, terra solitamente ai margini dell'Impero.
In realtà, però, le cose vanno viste diversamente. I tumulti di Insbruck avevano delle fondate ragioni, o comunque dei precedenti che è giusto riportare alla luce per rendere onore alla verità.
Era accaduto che l'8 marzo 1904 (cioè qualche mese prima dei tumulti di Innsbruck) la Dieta imperiale di Vienna avesse approvato un disegno di legge che incaricava il Governo di istituire l'Università Italiana nella città di Rovereto.
Proprio così, nella Città della Quercia.
In questa maniera l'impero sparigliava le carte dei nostri irredentisti più accesi perché, preferendo una città meno «pericolosa» di Trento, cioè senza le teste calde del capoluogo, non avrebbe gettato benzina sul fuoco ma anzi favorito una migliore benevolenza nei confronti dell'Impero. Un'idea niente male, vista con gli occhi di oggi, presa con buonsenso politico perché avrebbe trolto una ragione di protesta e risolto l'annosa questione dell'Università Italiana.

Ed è qui che la nostra osservazione si fa incredula. Il comune di Rovereto, di fronte ad un'opportunità di questo genere, insorge. La Città della Quercia non vuole ospitare nella maniera più assoluta l'università italiana. Ma, si badi bene, non si oppone per favorire la città di Trento, ma per invocare l'istituzione dell'Università a Trieste!
Quale spirito di orgoglio inopportuno, quale senso di abnegazione imperscrutabile, o quale senso di masochismo incomprensibile avesse animato i Roveretani, non è dato a sapere. Certo è che i Consiglieri Comunali della Città della Quercia non solo respinsero all'unanimità l'offerta, ma addirittura ne vollero codificare il «gran rifiuto» con una targa di marmo a imperitura memoria.
Tale targa la si può leggere a oltre cent'anni di distanza nel Comune di Rovereto. Si entra dalla porta principale, si salgono le scale e, a destra dell'ingresso della sala consigliare, la si può leggere in tutta la sua solenne e inspiegabile completezza. La mostriamo nella foto.

Eco d'una eroica vigilia/ tra queste mura in perpetuo risuoni/ il NO/ che Rovereto l'11 marzo 1904/ contro il governo austriaco opponeva/ quando l'università italiana/ per concorde voto di popolo/ a Trieste decretata/ insidioso le offriva


Timeo Danaos tibi dona ferentes - Temo i Greci quando mi portano regali

Comunque sia, è stata una reazione d'orgolio che colpì solamente i ragazzi trentini che non potevano permettersi di frequentare l'università in una città diversa dalla propria.

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